Dylan, dylaniani e la boxe

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Foto copertina – morrisonhotelgallery.com

Dopo aver letto la sua autobiografia, Bob Dylan andò a fare visita in carcere all’ex pugile Rubin Carter, condannato a tre ergastoli per un triplice omicidio. Di fronte ad Hurricane, come era conosciuto il boxeur americano, Dylan rimase silenzioso. Fece qualche domanda, ascoltò le risposte prendendo appunti. «Intendo tornare» disse il musicista al momento di lasciare la prigione. Non firmò l’Hurricane Fund come altri nomi noti in difesa del pugile. Scrisse invece una canzone, cofirmata con Jacques Levy, nella quale cantava l’innocenza di Carter, che in effetti anni dopo verrà rilasciato.

Here come the story of the Hurricane…

È un pezzo bellissimo, quello di Dylan. Lungo più di 7 minuti, appare sul disco “Desire”, uscito nel gennaio del 1976.  In quei mesi Dylan era impegnato in un tour, il mitologico “Rolling Thunder Revue” poi diventato un documentario di Martin Scorsese, che aveva nella setlist proprio la canzone “Hurricane”. Nel 1963 Dylan aveva già scritto “Who Killed Davey Moore”. Ma è dalla canzone su Carter che il rapporto con la boxe dei songwriter americani non sarà più lo stesso. Sono tanti i collegamenti negli ultimi quarantacinque anni.

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Muhammad Ali guida il corteo di protesta contro la carcerazione di Rubin Carter e di suo cugino John Artis nel 1975 (nytimes.com).

Greg Tropper, uno degli artisti preferiti da Steve Earle, ha scritto “Muhammad Ali (the Meaning of Christmas)”. Nelle liriche dell’americano scomparso nel 2017, si trova il più grande pugile di sempre che spiega cos’è il Natale.

Mark Kozolek è un grande appassionato di pugilato. Nella sua carriera da solista ha dedicato parecchie canzoni alla noble art e la sua band di un tempo si chiamava Sun Kil Moon, in onore del coreano Sung Kil Moon.

Tom Russell ha dedicato una canzone a Jack Johnson, pugile nero di inizio Novecento, diventato postumo un’icona del black power negli Sessanta e Settanta. Il songwriter losangelino ha inciso nel 1997 anche “The Eyes of Roberto Duran”.

Classe 1961, Ray Boom Boom Mancini è stato un peso leggero che è arrivato a vincere il mondiale. Il 13 novembre 1982 difese il titolo contro il coreano Kim Duk Koo, che morì in ospedale dopo cinque giorni per le lesioni riportate alla testa. Il tragico episodio segnò la carriera e la vita di Mancini, al quale Warren Zevon ha dedicato una canzone.”Hurry home early hurry on home / Boom Boom Mancini’s fighting Bobby Chacon / Hurry home early hurry on home / Boom Boom Mancini’s fighting Bobby Chacon“.

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Ray “Boom Boom” Mancini e Kim Duk Koo durante l’incontro che segnò inesorabilmente le loro vite, ma anche il mondo della boxe: da allora saranno obbligatorie TAC e maggiori tutele sanitarie per gli atleti (@boxingwriters on Twitter).

Marciano” si trova su Youtube, pezzo al momento inedito di Bocephus King, un canadese che ha studiato Dylan e gli americani.

Uno dei pugili più citati dai songwriters è Sonny Liston, tra i rivali più duri di Ali. Ovviamente i Sun Kil Moon, ma anche Tom Petty e Billy Joel. Molto belle sono sia “Sonny Liston’s Blues” di Chuck Prophet sia “Song for Song for Sonny Liston” di Mark Knopfler, che dopo essere stato leader dei Dire Straits ha scelto nella sua carriera da solista di andare alle origini della musica americana. Negli States tornare alle radici significa anche raccontare la boxe.

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  2. […] De Carolis, l’ultimo italiano ad aver conquistato il titolo di campione del mondo nella boxe – cintura iridata dei pesi supermedi WBA -, eletto “Pugile dell’anno”, e i […]

  3. […] Pantera compare nel 1958. Monicelli fa la parodia del pugile hollywoodiano e del sogno americano. Dello schema tipico di: indigenza, riscatto, gloria. Peppe si fa vivo la […]

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