Omar Pedrini si racconta: il Brescia, Sivori, la boxe e il ciclismo

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Foto copertina – www.bresciaoggi.it

Il papà ha voluto chiamarlo come Sivori, “l’ultimo artista dei campi da calcio”. Omar Pedrini, musicista sempre in bilico tra il rock e la canzone d’autore, ha sin dalla nascita un legame forte con lo sport. Da ragazzo ha giocato a rugby, oggi rimane un grande tifoso del Brescia calcio, spesso frequentandone la curva. Ha scritto l’inno della squadra e ha dedicato la canzone “Curva Nord” a chi alla domenica si sveglia presto per andare allo stadio. Nell’album da solista “Vidomar” Pedrini cita, tra gli altri, Maradona, Gilles Villeneuve, John McEnroe, Coppi, Ali, Bottecchia e ovviamente Sivori.

Già nel 1990 in “Colori Che Esplodono”, album d’esordio dei Timoria, ci sono tracce di questo amore nella canzone “Rincorro Pensieri”.

«Papà veniva da una famiglia povera, e per studiare era stato messo in collegio. Mi raccontava di queste partite di pallone, era molto bravo. Una volta ruppe la rete con un tiro, nella mia memoria erano rimasti questi suoi racconti epici. Poi avrebbe giocato nel Malcesine in Interregionale. Era considerato un campioncino. A neanche 20 anni si ruppe un menisco e smise. Quando io giocavo nella Nazionale Cantanti me lo portavo con me. A San Siro guardandolo negli occhi lo vidi tornare bambino».

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Omar Pedrini in compagnia di Noel Gallagher, tifoso bresciano d’adozione. (milano.repubblica.it)

Il 3 luglio è uscita, in occasione del venticinquennale, una nuova edizione del disco dei Timoria, “2020 Speedball”. Omar nelle foto del libretto indossa la maglia del Flamengo.

«Me ne innamorai quando gliela vidi addosso a Zico. La usavo spesso anche in tour. I brasiliani per questo mi adoravano, compresi i Sepultura di Belo Horizonte che non di rado suonavano con la maglia dei Timoria».

Ti senti più vicino al Brasile o all’Argentina?

«Eh… nel mio cuore c’è tanta Argentina. Per Omar Sivori, per Diego Maradona. Con Batistuta, Omar anche lui, ho giocato a Firenze con la Nazionale Cantanti. Ricordo che si fasciava le caviglie da solo, nessuno meglio di noi stessi sa come farlo, nemmeno i massaggiatori, mi disse negli spogliatoi».

Quali sono gli sport che ti piacerebbe raccontare oggi in una canzone?

«La boxe. È uno sport individuale in cui l’uomo combatte contro il mondo e la vita. L’avversario può essere tutto, talvolta anche se stessi. Il pugilato è un amore masochistico, ma credo sia anche una sorta di vocazione come succede ai preti. In queste settimane difficili sostengo la Palestra popolare di Brescia, zona di via Milano, perché fatica a proseguire l’attività dopo l’emergenza coronavirus. Una palestra che lascia entrare chiunque, anche gli ultimi che non pagano la retta. Poveri ed extracomunitari, tutti sono accettati. Perché nessuno sport come la boxe sa togliere i ragazzi dalla strada».

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rockit.it

Dopo i tuoi problemi di salute, non hai più potuto giocare a pallone. Quanto ti manca il calcio giocato?

«Moltissimo. Ora sono diventato uno sportivo da divano. Guardo anche molte ore di ciclismo in tv. Ho pianto quando è morto Marco Pantani, ero con la mia fidanzata di allora e gioiosamente festeggiavamo San Valentino, quando un mio cugino ristoratore mi avvertì di quello che era successo. Ho pianto. Parlando di Pantani, mi sento di citare anche Gianni Mura. Con lui è morto uno dei grandi maestri della penna che hanno fatto diventare lo sport cultura».

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