23 dicembre 1984: la prima grande apparizione di Alberto Tomba

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Pochi, anzi pochissimi sportivi mi hanno entusiasmato tanto quanto Alberto Tomba. Ricordo le tante domeniche mattina invernali in cui cercavo di fuggire il prima possibile dalle lezioni di catechismo o da qualunque altra occupazione outdoor per tornare a casa e incollarmi davanti al televisore per ammirare le sue seconde manche, quelle rimonte pazzesche che hanno spesso caratterizzato la sua carriera, raccontate dalle telecronache dell’indimenticato Alfredo Pigna, cui Storie all’Overtime ha dedicato un ricordo pochi giorni dopo la sua scomparsa nel 2020.

Alberto non è stato solo un forte sciatore, un campione dalle abilità tecniche e agonistiche uniche, dalla potenza fisica straripante grazie alla quale avrebbe molto probabilmente potuto eccellere anche in altri sport. Con la sua spavalderia e spensieratezza ha rappresentato soprattutto uno tsunami, una svolta epocale per tutto il mondo dello sci alpino, un ambiente tradizionalmente austero popolato da atleti schivi e riservati, abituati al silenzio delle loro montagne, poco amanti della luce dei riflettori, per nulla propensi a regalare spettacolo e dichiarazioni al di fuori delle piste.

Come un alieno è piombato da Castel de Britti, frazione di Bologna, tra tanti montanari che inizialmente accolsero con distacco e un po’ di diffidenza quel ragazzone così sicuro di sé, che prima ancora di aver vinto qualcosa già si faceva notare per i comportamenti estroversi, per indossare uno sgargiante e stravagante cappello da cowboy in giro per Cortina.

Tanti sono stati i suoi trionfi: i primi successi di Coppa del Mondo a Sestriere 1987, in slalom gigante e speciale, infliggendo agli avversari distacchi enormi, con una naturalezza disarmante, quasi in scioltezza, senza tradire un minimo di tensione al cancelletto di partenza; i due ori conquistati alle Olimpiadi di Calgary 1988, con il Festival di Sanremo, condotto da Miguel Bosè e Gabriella Carlucci, interrotto con tutto il suo sacro rituale per dare spazio alla telecronaca, vista da 24 milioni di italiani, dei momenti salienti della seconda manche dello speciale vinto in rimonta ai danni di Woerndl e Nilsson che lo precedevano dopo la prima frazione; la conquista del gigante di Albertville 1992, primo atleta della storia capace di confermare un oro olimpico nella stessa specialità.

Alberto Tomba in trionfo dopo la vittoria nello speciale di Calgary 1988. (Alberto Tomba on Facebook)

Indimenticabile la vittoria della agognata Coppa del Mondo nel 1995, dopo l’ultimo atto di Bormio, davanti a 50000 tifosi scatenati e festanti che accesero di entusiasmo, passione e colori le strade e le notti dell’intera Valtellina. Un’impresa incredibile se si pensa che Tomba non partecipava né alle discese né ai superG, non racimolando nessun punto in queste discipline veloci a differenza dei suoi rivali. Una Coppa generale già sfiorata qualche anno prima ma alla fine portata a casa in quel frangente dal classico avversario che non ti aspetti, un carpentiere svizzero, Paul Accola, assolutamente formidabile in quella stagione senza poi sapersi più nemmeno lontanamente ripetere a quei livelli in carriera.

A completare il cerchio, dopo tanta sfortuna occorsa durante le precedenti edizioni dei Mondiali cui aveva partecipato, i due ori di Sierra Nevada 1996, inanellati nonostante il tifo in gran parte contrario del pubblico spagnolo, che mal aveva digerito alcune sue battute sul luogo alla vigilia della competizione.

Se questi successi sono celeberrimi, vale la pena soffermarsi sulla prima apparizione di rilievo di Tomba nel mondo dello sci, ben nota agli appassionati ma un po’ meno al grande pubblico. Il 23 dicembre 1984, viene organizzato a Milano uno slalom parallelo alla “Montagnetta di San Siro”, luogo molto caro anche a un altro sportivo italiano, Alberto Cova, che là svolgeva le sue massacranti sedute di allenamento. L’evento, chiamato Parallelo di Natale, ha lo scopo dichiarato e rivoluzionario di non confinare più lo spettacolo dello sci nello scenario delle Alpi, ma di esportarlo in città, per farlo vivere e godere a un numero molto più folto di persone. È la stessa idea che poi, in anni successivi, porterà all’organizzazione molto più accurata e strutturata dello Slalom di Zagabria, affollato da un numero impressionante di spettatori, ma aspramente criticato dai puristi della disciplina per le condizioni proibitive del manto nevoso in una pista situata a poche centinaia di metri sul livello del mare.

Il Monte Stella, noto ai milanesi anche come “La Montagnetta di San Siro”. (it.wikipedia.org)

In quel lontano 1984 partecipano alla competizione tutti i migliori sciatori della Nazionale italiana, che abitualmente frequentano gli scenari della Coppa del Mondo. Assieme a loro vengono fatti gareggiare i ragazzi della squadra B, tra cui Tomba diciottenne da pochi giorni, per maturare esperienza e soprattutto per fare da sparring partner ai campioni più affermati. Ma il giovane emiliano, col pettorale numero 9 sulle spalle, già forte delle proverbiali autostima e sfrontatezza, non si accontenta di certo del ruolo di comparsa, non fa parte del suo modo di intendere lo sport e la vita. Negli scontri diretti in cui si articola la manifestazione, batte agli ottavi Holzer e poi ai quarti Paolo De Chiesa, attuale commentatore tecnico per Rai Sport e all’epoca uno dei migliori interpreti dello slalom a livello internazionale. Tomba a quel punto non ha nessuna voglia di interrompere la sua cavalcata vincente e mette in riga anche i restanti rivali: sconfigge in semifinale Edalini e in una finale letteralmente dominata l’altoatesino Erlacher.

È un risultato che impressiona e sorprende tutti. Tomba quel giorno si rivela in maniera perentoria al suo sport e si candida per un ruolo da assoluto futuro protagonista. Non si potrà invece godere la rituale intervista finale riservata al vincitore in diretta, perché la Rai, dopo aver ampiamente sforato i tempi previsti di trasmissione, è costretta a chiudere in modo brusco il collegamento subito dopo la fine della competizione.

Altra curiosità: l’edizione del 24 dicembre 1984 della Gazzetta dello Sport, pur dedicando nell’accurato articolo di Gianni Merlo ampio spazio al ragazzo, alle sue doti e all’impresa milanese compiuta, ne omette il cognome nel titolo che recita testualmente “Grossa sorpresa alla Montagnetta di San Siro: un azzurro della B beffa i grandi nel parallelo”. Probabilmente il cognome Tomba, in quel momento ancora totalmente sconosciuto, sarà suonato al titolista come un po’ troppo “sinistro” per essere messo in evidenza. Ben presto però sarebbe diventato assai familiare, pronunciato e amato dagli sportivi di tutto il mondo.

 

Foto copertina – Alberto Tomba con il pettorale numero 1 nello slalom gigante. (Alberto Tomba on Facebook)

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Un commento

  1. […] Quel lontano 27 febbraio 2010, sulla Whistler Creekside e una neve artificiale resa marcia, quasi liquida, dalle alte temperature, Giuliano compi un vero e proprio capolavoro, confermando nella seconda manche la prima posizione conquistata nella prima frazione, lasciando alle sue spalle il croato Kostelić, lo svedese Myhrer e tutti gli altri più abili slalomisti dell’epoca. Fu la strepitosa affermazione di un outsider, di un giovane campione proveniente da una famiglia tutt’altro che ricca che aveva investito tempo, risorse, tanto entusiasmo su di lui, accudendolo e proteggendolo. Fu anche l’ennesima “rivincita” sulle Alpi degli Appennini, capaci già in passato di generare glorie dello sci come Zeno Colò e Alberto Tomba. […]

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