Foto copertina – I ragazzi dell’Ignis Varese che nel 1970/1971 conquistarono lo scudetto, raggiungendo anche la finale di Coppa dei Campioni, vinta poi l’anno seguente (pallacanestrovarese.it)
Nei giorni in cui il suo futuro è avvolto da dense nubi, per il massimo campionato di basket italiano è tempo di anniversari a cifra tonda. Nei giorni scorsi infatti sono stati celebrati i 100 anni dal primo torneo – almeno, quello che le fonti storiografiche ritengono sia stato il primo – e i 50 dalla creazione della Lega Basket, sulla cui data di nascita abbiamo solo certezze.
26 maggio 1920, pineta di Sant’Elena, Venezia. È il primo giorno del concorso ginnico organizzato, appunto, dalla Reale Federazione Ginnastica Italiana. All’interno del programma spazio per gli sport più disparati: dal nuoto al tiro alla fune, dalla lotta al tamburello. E poi la palla al cesto, che si è affacciato da poco sul panorama sportivo italiano. Viene organizzato un torneo ad eliminazione che coinvolge 8 squadre: Forza e Coraggio Brescia, Fiorentina Libertas, Club sportivo Firenze, Pro Lissone, Reyer Venezia, Stamura Ancona, Istituto Tecnico Firenze e una non meglio definita squadra di Milano. Già, perché alcune fonti parlano della Forza e Coraggio, altre più numerose della SEF Costanza. Ad ogni modo è questo team lombardo che arriva in finale dopo aver eliminato la Fiorentina Libertas 25-1 e la Pro Lissone 15-9. È un basket molto lontano da quello attuale: lo si capisce dai punteggi delle partite, dal fatto che il quintetto che inizia è anche quello che finisce perché non ci sono cambi, dal fatto che si giochi all’aperto. Però è uno sport che piace al pubblico presente e non è cosa scontata visto che la conoscenza delle regole non è così diffusa. Nell’altra parte del tabellone in semifinale ci arrivano Brescia e Istituto Tecnico Firenze: non c’è certezza su chi vinca, anche i due giornali che seguono l’evento – il Gazzettino e la Gazzetta di Venezia – riportano dati diversi. Entrambi però raccontano di una finale giocata il 30 maggio – prima il campo era occupato dagli altri eventi – e vinta dalla SEF Costanza. Campione d’Italia? Per la Federbasket sì, per il CONI no. O meglio: SEF Costanza scudettata ma non in quell’occasione. Per il Comitato Olimpico quel torneo di fine maggio 1920 a Venezia lo vince Brescia e qualche mese dopo la Federginnastica organizza un campionato ufficiale e quello sì, lo vince Milano. Discrepanze storiografiche che paiono destinate a non risolversi. La cosa certa è che 100 anni fa la storia del campionato italiano di pallacanestro prende vita.
Passano 50 anni e i club della massima serie decidono che è tempo di organizzare in proprio il campionato senza dipendere dalla Federazione. A fare da capopopolo è l’Avvocato Gianluigi Porelli, patron della Virtus Bologna e dirigente tra i più innovatori e visionari, nel senso positivo del termine, che il basket italiano abbia mai avuto. È Porelli l’anima dei “leghisti”, che si ritrovano già nel novembre 1969 per discutere il progetto pienamente consci che al basket italiano di vertice serve un poderoso cambio di direzione, una gestione più moderna e meno provinciale, una maggiore attenzione alle strutture e al marketing. Dopo la fine del campionato vinto dalla Ignis Varese per il secondo anno consecutivo, i club della A si ritrovano per discutere i dettagli del progetto. Nella bozza di Statuto preparata dal quartetto Porelli – Bogoncelli – Gualco – Corsolini, in rappresentanza rispettivamente di Virtus Bologna, Olimpia Milano, Varese e Udine, ci sono i punti di sviluppo chiave, a partire dalla creazione di un fondo comune. E mercoledì 27 maggio 1970, nella sede della Pallacanestro Milano 1958 – meglio conosciuta con il nome dello sponsor All’Onestà – 8 club sui 12 della A 1970-1971 danno vita alla Lega Società Pallacanestro Serie A; assenti Livorno, Pesaro, Venezia e Napoli. Il primo presidente è Adalberto Tedeschi, numero uno di Varese.
La nuova struttura associativa nacque con l’idea di lavorare unita sui grandi temi: il rapporto con la tv, i tesseramenti, il numero degli stranieri, le squadre partecipanti, le regole economiche. Cinquant’anni dopo sono gli stessi temi al centro del dibattito della Serie A. Verrebbe da dire che il tempo è passato inutilmente, ma in realtà il punto focale è un altro. La Lega Basket degli anni Settanta era un’associazione in cui si litigava, ci si guardava in cagnesco, non si nascondeva la rivalità che a volte si tramutava in odio personale; ma allo stesso tempo era una Lega capace di innovarsi, di studiare formule nuove per aumentare il proprio appeal – una su tutte l’introduzione dei playoff -, di lavorare in gruppo. Ecco, quella capacità di anticipare i tempi la Lega Basket l’ha persa con il passare degli anni, dando spesso l’impressione di essere pigra, se non addirittura immobile, e mostrando per lo più le grandi differenze interne.
I pionieri di 100 anni fa puntavano sulla novità di uno sport pressoché sconosciuto; i dirigenti di 50 anni fa puntavano sulla necessità di gestirsi in proprio; quelli di oggi, con le difficoltà economiche legate all’emergenza Covid-19 che si aggiungono a quelle ultradecennali, sono chiamati ad uno sforzo unitario e compatto come mai nella storia della Lega Basket. Uno sforzo che si concretizza nel darsi regole certe e applicarle, nell’agire con coraggio e lungimiranza, nel non limitarsi a pensare al proprio orticello.
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