Filippo Magnini e la resistenza dell’acqua

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L’origine dell’amore per l’acqua, il nuoto e l’agonismo. L’obiettivo prefissato fin da giovanissimo di diventare un campione. I tanti sacrifici sostenuti per accarezzare, tenere vivo e concretizzare quel sogno. I successi mondiali e le delusioni. La sua celeberrima vasca di ritorno nei 100 metri stile libero e l’introduzione dei supercostumi che hanno stravolto e falsato per un biennio tempi e risultati sportivi. Le amicizie e le incomprensioni con i colleghi di vasca. Le passioni e le attività extra sportive. L’accusa di doping – o, più precisamente, di tentato doping – che l’ha visto coinvolto suo malgrado e da cui si è difeso con grinta, orgoglio e determinazione fino alla assoluzione finale sancita dal Tas di Losanna.

Questi sono solo alcuni degli argomenti trattati da Filippo Magnini ne “La resistenza dell’acqua. La mia storia (Sperling & Kupfer), autobiografia scritta con Paolo Madron, direttore del quotidiano online Tag43, giornalista che si occupa prevalentemente del mondo economico-finanziario italiano e che per questa occasione ha deciso, con successo, di fare un’incursione in quello sportivo.

magnini resistenza dell'acqua

Il libro, che ho letto dopo aver assistito a una presentazione curata e organizzata a Pesaro dall’amico Antonino Di Gregorio nell’ambito della rassegna Aperitivo d’autore, ripercorre tutta la vicenda umana e sportiva di un ragazzo che ha capito ben presto che il nuoto sarebbe diventata principale, anche se non esclusiva, ragione di vita. La sua storia è diversa da quella di altri campioni che tramite lo sport hanno avuto occasione di riscattare difficili condizioni sociali, non è stata caratterizzata da contrasti con i genitori desiderosi di vedere i propri figli impegnati nelle attività di famiglia senza lo sport a rappresentare inutile distrazione. E nemmeno dalla pressione o dalla ossessione di padri e madri che costruiscono le carriere dei propri infanti a tavolino. Magnini è sempre stato sostenuto da una famiglia semplice, unita, complice, che ha contribuito ai suoi successi circondandolo di affetto e serenità, senza interferenze, dispensandolo e tenendolo lontano da tutto ciò che avrebbe potuto negativamente influenzarne prestazioni e carriera.

Il nuoto non è stata la prima scelta di Filippo: inizialmente era solo un’attività propedeutica al calcio, serviva a irrobustirlo per affrontare meglio le partite. Perché il suo sogno, come quello di tanti bambini, era diventare un calciatore. Ben presto però capì di preferire l’acqua mista a cloro della piscina a quella piovana che scendeva giù a catinelle durante i match calcistici cui partecipava. Guidato dai primi allenatori pesaresi, tra le corsie della piscina del Parco della Pace scoprì di avere talento. Coniugò impegno scolastico e sport, scegliendo ostinatamente di continuare a frequentare un istituto pubblico senza scorciatoie privatistiche, allenandosi all’alba prima di entrare sfinito in aula, sforzandosi, durante le prime ore di lezione, di tenere gli occhi aperti e non appisolarsi sul banco. Aiutato e compreso dalla maggioranza di compagni e professori pronti a fare il tifo per lui, sebbene non sia mancata qualche eccezione.

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Un giovanissimo Filippo Magnini, quando ancora la piscina non era il primo dei suoi pensieri. (@filomagno82 on Instagram)

Dalla tv sembra tutto facile, ma i successi dei campioni derivano e si fondano spesso su decisioni difficili e sofferte. Come quella di Filippo di allontanarsi da casa per la prima volta a 19 anni e trasferirsi a Torino, in una casa di pochi metri quadrati di corso Sebastopoli, per farsi seguire da Claudio Rossetto, che diverrà per lui non solo un allenatore ma un secondo padre. Il mentore e il tecnico che ha contribuito in maniera decisiva a farlo maturare, a plasmarlo come uomo e come atleta, a far sbocciare quell’enorme talento. Migliorando la tecnica e stravolgendo la tattica di gara dei 100 metri stile libero, impostandola, come mai nessuno prima del loro binomio aveva osato fare, con i secondi cinquanta più rapidi dei primi.

La parte centrale del libro è ricca anche di simpatici aneddoti, come quello di Filippo e i suoi compagni di squadra che durante la sessione mattutina di una competizione giovanile a Parigi si impegnarono con successo a non qualificarsi per la finale pomeridiana, per avere “finalmente” a disposizione una mezza giornata “libera” per gironzolare per le strade della capitale francese, mai visitata prima. Sono poi raccontati i successi che, preceduti da delusioni e dalla dura vita da matricola, hanno sublimato la sua carriera: gli ori europei di Madrid nel 2004, il bronzo olimpico ad Atene con la staffetta 4×200, i due trionfi mondiali, primo italiano di sempre a imporsi nella gara regina di un Mondiale, quella dei 100 stile libero. L’oro di Montréal nel 2005, ottenuto nonostante un fastidioso dolore al tricipite, fu la meravigliosa sorpresa, il successo dell’outsider.

Simone Cercato, Filippo Magnini, Massimiliano Rosolino ed Emiliano Brembilla mostrano la medaglia di bronzo conquistata ad Atene 2004. (pinterest.it)

La vittoria di due anni dopo a Melbourne fu ancora più bella, la conferma sul tetto del mondo, rappresentò la definitiva consacrazione, fu liberazione e gioia allo stato puro, dopo la tanta pressione dovuta agli inevitabili favori del pronostico che accompagnano la performance di ogni campione uscente. E dopo la parentesi dei supercostumi, così poco adatti al suo fisico e al suo stile di nuotata, così poco aderenti ai valori olimpici dello sport, i nuovi trionfi europei, prima a Budapest e poi a Debrecen, battendo atleti molto più giovani di lui.

Non mancano i riferimenti, scevri da ogni ipocrisia, ad altri protagonisti del mondo del nuoto. Il ricordo commovente di Alberto Castagnetti che pretendeva tanto dai propri atleti ma che faceva di tutto per farli stare bene, e dopo la cui morte nulla sarebbe stato più come prima. La grande stima per Emiliano Brembilla e Massimiliano Rosolino per la correttezza e la professionalità, la cura maniacale di ogni dettaglio, anche alimentare. L’amicizia sincera con Luca Dotto e il canadese Brent Hayden, campione ex-aequo con lui a Melbourne 2007. I rapporti meno idilliaci con il sudafricano Roland Schoeman e il francese Alain Bernard.

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Filippo Magnini festeggia insieme a Brent Hayden il successo di Melbourne 2007. (corsia4.it)

L’ultima parte del libro, quella che ritengo in assoluto la più interessante, è interamente dedicata alle accuse di tentato doping rivolte a Magnini dalla Procura antidoping cui fecero seguito anni di durissima battaglia giudiziale e legale conclusa con la sentenza del Tas di Losanna del 27 febbraio 2020 che lo ha completamente e pienamente prosciolto, revocando la precedente condanna a quattro anni di squalifica inflitta dal Tribunale Nazionale Antidoping (TNA). Il nuotatore pesarese nelle pagine dell’autobiografia racconta la vicenda a cuore aperto, non nasconde l’amarezza e la tanta rabbia per essere stato accostato alle pratiche dopanti, la frustrazione per non aver potuto, durante il periodo di squalifica, nemmeno frequentare le piscine del CONI e nuotare con atleti e squadre agoniste, dopo ventisette anni di gare e decine di medaglie vinte per l’Italia.

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fanpage.it

Rivela come in quel terribile periodo abbia trovato conforto nella vicinanza dimostrata da amici, ex colleghi, molti esponenti di spicco della FIN, nell’amore dei suoi familiari e della compagna Giorgia Palmas. Soprattutto non fa giri di parole, non le manda a dire, facendo nomi e cognomi dei suoi accusatori, rivelando particolari scottanti delle audizioni e delle udienze cui ha partecipato. Ogni lettore ovviamente è libero di farsi un’opinione e di approfondire la vicenda consultando anche altre fonti e altri documenti. Il libro offre comunque un prezioso spunto per focalizzare il difficile punto di equilibrio tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, sistemi nati certamente per rispondere ad esigenze diverse ma che paiono sempre di più vasi non comunicanti e poco collaborativi, e ci ricorda tra l’altro come ricorrere al Tas (Tribunale Arbitrale dello Sport) di Losanna, ossia l’organo autonomo internazionale le cui sentenze sono inappellabili, costa molto, ma proprio molto, alcune decine di migliaia di euro. Magnini, seppur con sacrificio, si è potuto permettere una tale somma per far emergere la sua piena innocenza ma quanti atleti, che pure hanno partecipato a Mondiali e Olimpiadi, non dispongono di una tale cifra e sono costretti a rinunciare a difendersi e a ripristinare onore e reputazione?

LA RESISTENZA DELL’ACQUA. LA MIA STORIA

di Filippo Magnini con Paolo Madron

SPERLING & KUPFER – 176 pagine

Euro 17,90

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