La diplomazia del ping pong… e dello sport

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ping pong

Lo sport spesso ha svolto una funzione al di là del gioco.

Sulla diplomazia sportiva c’è più di una raccolta di aneddoti, ma è un’area familiare comunque poco esplorata.

Eppure gli sportivi possono essere impiegati per trasmettere o enfatizzare un messaggio politico; relazioni diplomatiche rancorose possono essere mitigate attraverso lo sport; una Nazione può esprimere la propria posizione dicendo “non parteciperemo” come è accaduto quando gli Stati Uniti hanno boicottato le Olimpiadi di Mosca del 1980, gesto poi ricambiato dall’Unione Sovietica e dagli stati satellite quando si rifiutano di partecipare, nel 1984, ai Giochi Olimpici di Los Angeles.

La diplomazia sportiva svolge un ruolo importante nella vita internazionale dei governi e lo sport crea l’opportunità di dimostrare la propria superiorità, dall’abilità atletica all’ideologia di un particolare sistema di stato.  Per questo i governi sono stati sempre attratti dalle competizioni sportive internazionali, ben consapevoli del loro potere, come banco di prova per la nazione o per un “sistema” politico.

Pechino, 23 febbraio 1972: va in scena un torneo esibizionistico di ping pong. Sugli spalti c’è anche Richard Nixon. (Foto dall’U.S. National Archives and Records Administration, in pubblico dominio)

E c’è infatti una lunga storia di competizioni internazionali utilizzate, ora, in funzione di mediazione – pensiamo agli antichi Giochi Olimpici, festa atletica e religiosa che si è svolta ogni quattro anni dal 776 a.C. al 393 d.C., durante i quali i tifosi itineranti ricevevano protezione e si proibiva a tutti gli stati partecipanti di imbracciare le armi, perseguire controversie legali o applicare pene di morte – ora come mezzo per rafforzare legami di amicizia – come l’incontro del 1520 tra Francesco I di Francia e Enrico VIII d’Inghilterra ai Campi di stoffa d’oro dove per due settimane si lotta e si gareggia per consolidare il Trattato anglo – francese del 1514 – ora organizzate da comunità politiche allo scopo di ridurre la tensione. Esempio noto è la visita della squadra statunitense di tennis da tavolo in Cina nell’aprile 1971.

Concluso, a marzo 1971, il 31° Campionato mondiale di ping pong, a Nagoya in Giappone, che ha visto protagonista il match tra l’americano Glenn Cowan e il tre volte campione del mondo cinese Zhuang Zedong, il Comitato nazionale no profit statunitense per le relazioni USA-Cina lancia la proposta dell’incontro. I governi Mao e Nixon accettano con l’obiettivo di verificare la disponibilità dell’opinione pubblica dei due paesi ad accettare un’apertura diplomatica più formale delle relazioni tra i due avversari. E così è stato.

Pat e Richard Nixon in visita ufficiale in Cina. (Foto di Oliver F. Atkins dall’U.S. National Archives and Records Administration, in pubblico dominio)

La diplomazia del ping-pong ha in effetti aperto la strada alla successiva visita di Henry Kissinger (consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti) del luglio 1971 e a quella del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon del febbraio 1972.

Diversi quindi, nell’epoca contemporanea, i vantaggi dell’utilizzo dello sport come strumento di diplomazia. Costituisce una risposta proattiva a quanti ritengono che lo strumento diplomatico sia ormai obsoleto. Grazie allo sport, una diplomazia a volte sentita come distaccata e irrilevante acquista in immagine pubblica e viene percepita come innovativa ed efficace.

Sport e sportivi possono diventare risorse in mano alla diplomazia di uno stato, amplificandone la portata, per esempio la pattinatrice Michelle Kwan è regolarmente “impegnata” in questo tipo di attività da quando, nel 2006, le è stato chiesto di diventare ufficialmente ambasciatrice della diplomazia pubblica.

Michelle Kwan nel 2006 insieme all’allora Segretario di Stato Condoleezza Rice (Foto da National Archives at College Park, in pubblico dominio)

I mega eventi sportivi offrono significative opportunità diplomatiche. Pensiamo al numero di persone che assiste alle cerimonie di apertura dei Giochi olimpici o ai campionati mondiali di calcio. È evidente che se l’immagine e il messaggio sono accuratamente scelti e veicolati la percezione del pubblico straniero non può che esserne influenzata.

Infine, lo sport è un mezzo pacifico di scambio internazionale. Gli incontri sportivi sublimano i conflitti traducendoli nel linguaggio di battaglie metaforiche condotte all’interno di sistemi di regole e soprattutto di valori.

Sport e diplomazia in tandem costituiscono quindi un potente strumento di politica estera, soft power nella cui forza nazisti tedeschi, fascisti italiani, comunisti sovietici e cubani, maoisti cinesi, democratici capitalisti occidentali e giunte latinoamericane tutti hanno creduto.

 

Foto copertina – Membri della cinese di ping pong intervistati in uno studio televisivo di Bethesda (Maryland), dove la delegazione cinese sfidò la squadra di ping pong dell’università. (Foto di Warren K. Leffler, U.S. News & World Report Magazine, in pubblico dominio)

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