Antonino Pizzolato, il campione che ha fatto tesoro dei suoi errori

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pizzolato

Per diverse ragioni non tutte le medaglie conquistate dagli atleti italiani durante una Olimpiade ricevono la medesima celebrazione e la stessa eco mediatica. Ad esempio, a Tokyo 2020 hanno catturato la ribalta della scena le vittorie di Marcel Jacobs e Gianmarco Tamberi in una domenica di inizio agosto 2021 che nessuno potrà mai dimenticare, gli ori dei marciatori Massimo Stano e Antonella Palmisano, il trionfo della staffetta 4×100 maschile, la rimonta vincente del quartetto dell’inseguimento a squadre trascinato da un super Filippo Ganna nel ciclismo su pista.

Antonino Pizzolato in azione. (Foto da @nino_pizzolato on Instagram)

È rimasta invece decisamente sottotraccia la notizia della conquista della medaglia di bronzo da parte di un sollevatore del peso italiano nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 20 agosto 1996, Antonino Pizzolato, la cui storia sportiva e umana merita un particolare approfondimento perché può fungere da esempio e da stimolo nel contrasto e nella lotta al fenomeno del bullismo.

Rivelatosi fin da giovane uno dei sollevatori più promettenti della sua generazione, medaglia di bronzo nel 2014 ai campionati mondiali juniores, nel 2015 e nel 2016 si è laureato campione europeo juniores e vicecampione mondiale juniores nella categoria fino a 85 kg. Senza farsi minimamente intimorire dal passaggio tra i seniores – i “grandi” – ha subito centrato un risultato storico e straordinario, il bronzo ai Mondiali di Anaheim 2017 (358 kg totali), una medaglia che in questa competizione mancava all’Italia addirittura da 32 anni.

Nulla pareva potesse frapporsi tra Pizzolato e nuovi importanti affermazioni in una carriera in rapida ascesa, dall’inarrestabile crescendo rossiniano. L’Italia, come mai probabilmente accaduto prima nella storia, poteva finalmente contare sulle prestazioni di un atleta di vertice mondiale, per il quale nessun traguardo sembrava aprioristicamente irraggiungibile.

E invece a gennaio 2018, alla vigilia degli Europei di sollevamento pesi in programma a Bucarest, arriva il classico fulmine a ciel sereno. La notizia che l’atleta è stato squalificato per dieci mesi dalla Federazione Italiana Pesistica a causa del proprio comportamento violento e intimidatorio rivolto verso gli altri atleti del centro di preparazione olimpica. Si era trattato più nello specifico di “minacce, intimidazioni, atti di prevaricazione, anche di violenza fisica in alcuni casi”. Comportamenti messi in atto verso altri atleti “molti dei quali minorenni”. Gesti che assumono “le caratteristiche generali tipiche del bullismo”.

Di fronte alle voci che si rincorrevano da tempo riguardanti questi comportamenti, i responsabili della Federazione decisero di mettere uno stop. Non hanno voltato lo sguardo dall’altra parte, non hanno fatto finta di niente, non hanno esitato a squalificarlo pesantemente per i suoi atteggiamenti, nonostante ciò comportasse privarsi dell’uomo di punta, del faro della Nazionale, dell’atleta di gran lunga più accreditato a poter conquistare medaglie internazionali.

Molti nell’ambiente del sollevamento pesi ritenevano impossibile un ritorno alle competizioni dopo la squalifica di Pizzolato, che oltre agli Europei di Bucarest saltò anche i Mondiali di Tashkent. In via generale è già molto complesso per un sollevatore di quella caratura superare e gestire un così lungo periodo di inattività e di assenza dalle competizioni, trovare quotidianamente gli stimoli per continuare ad allenarsi. A ciò si aggiungeva la pressante necessità per il ragazzo di operare un’analisi critica e profonda su sé stesso e le sue azioni. Comprendendo, senza se e senza ma, la gravità degli errori commessi. Inoltre pareva molto complicato il reinserimento in una squadra nazionale e in un ambiente di cui facevano stabilmente parte anche alcune delle vittime delle sue condotte.

Foto da @nino_pizzolato on Instagram.

Pizzolato ha ricominciato da zero, non ha mollato la carriera e ha continuato a prepararsi con costanza e impegno presso il suo gruppo sportivo, le Fiamme Oro. Ha lavorato tanto su sé stesso. Ha rivissuto tutto il suo percorso, metabolizzato gli sbagli, fatto un passo indietro, analizzando tutti gli aspetti, cercando di vedere tutto dall’esterno, capendo come era e come voleva essere.

Da lì è nato un Nino nuovo, più consapevole, maturo, pronto ad accogliere istanze e consigli altrui. Dopo il reintegro nel gruppo della Nazionale, una volta pienamente scontata la squalifica, è riuscito a riguadagnare la fiducia e la stima dei compagni a piccoli passi, senza forzare la mano. Conscio che non poteva trattarsi di un percorso veloce e automatico. All’inizio da parte dei colleghi c’è stato un naturale atteggiamento di distacco. Poi si è ricreata fiducia. Gli altri atleti, soprattutto i più giovani, hanno ripreso a chiedergli suggerimenti, a prenderlo come punto di riferimento. Rendendolo ancora più felice e fiero della strada intrapresa.

Tornato a competere a livello internazionale, Pizzolato si è laureato campione europeo negli 81 kg ai campionati di Batumi 2019 e a Mosca 2021 con il record italiano di 370 kg. Fino a conquistare la medaglia olimpica a Tokio 2020, realizzando il sogno che ogni atleta ha nel cassetto e impresso nel proprio cuore. Una medaglia di cui a distanza di tempo rivogliamo parlare perché è il simbolo del riscatto morale di un grande atleta che si è anche comportato da bullo, bullo nel mondo dello sport, che ha preso coscienza e consapevolezza della gravità delle sue azioni dopo un percorso intimo e interiore, che non nasconde e non sotterra il suo passato, che accetta senza remore di raccontare la sua storia per sensibilizzare i ragazzi affinché nessuno emuli o ripeta in uno spogliatoio di qualunque disciplina quanto fatto da lui.

 

Foto copertina da @nino_pizzolato on Instagram

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