Quando il campione viene scartato

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Foto copertina – Michel Platini, la cui insufficienza respiratoria diagnosticatagli ai tempi del Saint Etienni non gli impedì comunque di diventare per tre anni consecutivi Pallone d’oro, oltre che un discreto fumatore: l’importante, disse una volta a Gianni Agnelli, era che non fumasse Massimo Bonini, suo compagno di squadra alla Juventus. (foot01.com)

Il calcio in versione provini di X Factor. Mostrami cosa sai fare e saprò cosa fare di te. Tu si que vales. Ma anche no. La storia del pallone è piena di giocatori – poi diventati campioni – scartati, bocciati senza appello, rifiutati, considerati scarsi, inadatti, poco pronti. Slogan a piè di pagina sulla bocciatura: «Questo non arriva da nessuna parte». Poi la ruota gira, il pallone si infila nel sette, la principessa bacia il ranocchio e il principe finisce a fare il fenomeno in prima serata. Il problema è che certe volte non ti accorgi chi hai di fronte.

Il grande Franco Baresi – bandiera del Milan per due decenni – all’inizio fece il provino con l’Inter, aveva 15 anni e già le rughe precoci del timido ferito. Venne bocciato dai nerazzurri perché «fisicamente inadeguato». Per guadagnarsi la Storia, quelli dell’Inter presero Beppe, il fratello più grande di Franco. C’è sempre qualcosa che non va, quando l’occhio degli osservatori è distratto. “Ringhio” Gattuso venne scartato dal Bologna perché non aveva il fisico, quelli della Dinamo Kiev testarono Shevchenko e sentenziarono: ha i piedi storti. Insigne si sentì rispondere no dall’Inter perché era troppo basso, al suo amico Immobile i dirigenti nerazzurri dissero: «Ti faremo sapere». Mai più sentiti. Viviamo tutti di rimpianti. A Parma nel 2003 potevano vestire di gialloblù il giovane Cristiano Ronaldo, che era appena passato dallo Sporting di Lisbona al Manchester United. Ma a porre il veto fu Alex Ferguson: «Il ragazzo resta con noi».

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Giuseppe e Franco Baresi, che in un universo parallelo saranno probabilmente riusciti a giocare nella stessa squadra. (sport.sky.it)

Poi ci si mette il destino di traverso. E lo fa nei modi più bizzarri. Avanti con l’altro grande portoghese del calcio, Eusébio. Nato povero in Mozambico, venne bocciato dal Deportivo Lourenco Marques. La motivazione è talmente assurda da poter essere vera: era sporco. Lo presero invece quelli dello Sporting de Lourenco Marques, filiale dello Sporting di Lisbona. Lo presero anche se era di colore, e quelli erano un po’ razzisti, ma solo un po’, certo. Però Eusébio disse ai dirigenti: «Se prendete me, prendete anche i miei amici». Ok, affare fatto. Poi di lui si accorge anche il Benfica, che lo vuole portare in Portogallo. Lo Sporting Lisbona si oppone: Eusébio viene da noi. Trattativa decisa dai soldi, come spesso accade. Ma durante il viaggio dal Mozambico in Portogallo il ragazzo di 18 anni – la cui madre ha scelto il Benfica – è costretto a travestirsi da donna e a nascondersi in Algarve, per evitare di essere sequestrato da quelli dello Sporting Lisbona. Altra storia sghemba, stavolta a casa nostra: Roberto Mancini, quando incantava a Jesi, la sua città, venne notato da un osservatore, che lo segnalò al Milan. Ok, dissero a Milano. Lo prendiamo. Mandarono una lettera per convocarlo a un provino, ma sbagliarono l’indirizzo della società in cui giocava Robi. Quella lettera giace ancora, da qualche parte, tra scartoffie e faldoni, dimenticata da tutti.

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Eusébio da Silva Ferreira, 733 gol in 745 partite e un travestimento da donna in carriera. (slbenfica.pt)

C’è un tempo per tutto, anche per sbagliare. Non è colpa di nessuno, la miopia non è peccato, solo superficialità, spesso sembra luce e invece è un abbaglio, e comunque non si può pretendere che il buon talent scout viaggi con il Vangelo in tasca: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo» (Matteo, 21, 42). Nel calcio la pietra il più delle volte resta pietra, stop: di leggende mancate sono pieni i bar della Bassa all’ora dell’aperitivo. A 16 anni Ronaldinho venne offerto al Napoli di Ferlaino. Al suo posto presero tale Beto, fate un po’ voi. Spalle larghe e ostinazione sono caratteristiche che fanno la differenza: il bambino Ryan Giggs – leggenda del Manchester United – fu bocciato dal Manchester City, tornò a casa, pianse, si asciugò le lacrime, il giorno dopo a scuola lesse che allo United facevano i provini: si presentò, lo mandarono in campo, dopo due minuti lo chiamarono da parte: «Ryan, chiama i tuoi e digli che giocherai con noi».

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Sembrerà strano, ma c’è stato un tempo in cui Giggs vestiva di azzurro. (90min.com)

L’Inter decise che il giovane Tardelli era troppo magro, Platini per il Saint Etienne soffriva di insufficienza respiratoria, Ancelotti per l’Inter era troppo grasso, Gilardino per la Fiorentina era troppo immaturo – «E allora meglio Piacenza», disse la mamma -, Paolo Rossi per la Juve era troppo gracile, Tacconi non convinse l’Inter, Gigi Riva per il Bologna non aveva il fiuto del gol, a quindici anni Dino Zoff venne visionato e bocciato da Giuseppe Meazza a nome – ancora una volta – dell’Inter. Tutti i nominati però hanno avuto una seconda occasione: consola sapere che il destino talvolta ha pazienza e non si fida di giudizi frettolosi. E gli altri di cui non conosciamo il nome? Forse erano troppo bravi.

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Il sinistro di Gigi Riva che vale il 3-2 di Italia Germania 4-3, la partita del secolo. Niente male per uno che non aveva il fiuto del gol. (numero-diez.com)

E poi ci sono le bufale, perché fa comodo a tutti farsi un po’ di pubblicità. Per anni Enrico Preziosi, oggi presidente del Genoa, ha raccontato che all’alba del Duemila – quando era a capo del Como – la società ospitò per una settimana un ragazzino argentino, timidissimo e col fisico gracile; per poi rispedirlo a casa. Quel ragazzino si chiamava Leo Messi. Storia bella bellissima. Ma poco aderente – diciamo così – alla realtà. Perché Messi ha sempre negato di essere stato a Como. E perché nessuno a Como – ex ragazzi in prova, magazzinieri, dirigenti – si ricorda una storia simile. Peccato. Con Messi al Como si stava in piena fantascienza, dalle parti di Ucronia, quel genere che ha per premessa il famoso: cosa sarebbe successo se.

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Un commento

  1. Gabriele 13 Luglio 2020 al 9:24 - Rispondi

    Non so se sia realtà o leggenda (alla Preziosi), si dice che Lotito abbia scartato Kaká (prima che finisse al Milan) perché il nome avrebbe suscitato ilarità

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