Degustazione consigliata leggendo “Fuorigioco a Berlino” di Christian Antonini (Giunti Editore)
Per ogni forma esiste un tempo e un luogo. Per ogni sogno serve passione e determinazione. Ma anche un gruppo di amici. È maturato nel tempo il progetto di sei vignaioli italiani che hanno plasmato il progetto: Halará (dal greco prenditela con calma). Siamo in Sicilia occidentale, nel marsalese. Famoso nel mondo per i suoi vini dolci realizzati con il metodo solera, negli ultimi mesi si è parlato molto di una di quelle case history che faranno scuola. Alla base il desiderio di “salvare” un piccolo vecchio vitigno a uvaggio autoctono. Evitare di svenderlo per pochi euro, perdendo la storia di quel luogo. Creare un vino dai sapori antichi, concreto, lontano dalle mode, in nome della condivisione e dell’amicizia.
Impresa non facile, quella di unire sei storie, sei modi di fare vino molto diversi, quattro regioni, ma soprattutto sei stili differenti. Una contaminazione che parte da lontano, dal confronto, dalla sostenibilità che possa guardare con sorriso al futuro.
I viticoltori sono tutti produttori naturali… e che produttori! Stefano Amerighi (Cortona), Nino Barraco (“Barraco”, Marsala), Corrado Dottori (“La Distesa”, Cupramontana), Francesco Ferreri (“Tanca Nica”, Pantelleria), Francesco de Franco (“A Vita”, Cirò) e Giovanni Scarfone (“Bonavita”, Faro) individuano in Contrada Abbadessa un piccolo terreno di due ettari esposti a nord, piantato a viti ad alberello di 40 anni di Parpato e Catarrato, su argille e sottosuolo calcareo.
Sfido chiunque, anche i più esperti maestri sommelier, a conoscere il Parpato. Si tratta di un’uva di cui non si era mai sentito parlare prima di Halará. Lontano parente della Granache, localmente conosciuto con il nome di “Quattro Rappe” riferendosi alla tendenza dell’uva all’elevata fertilità – i tralci della vite compaiono in quattro grappoli. Diventa la scommessa e la rivoluzione dei sei vignaioli che si riuniscono per vendemmiare insieme. Ne escono sul mercato tre etichette imbottigliate da Nino Barraco: i vini da tavola Halará bianco (13%) e Halará rosato (11,5%) e il Terre Siciliane Igp Halará rosso(12%).
“Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre” si legge sul retro di ogni bottiglia. La citazione di Fernand Braudel a suggello di un meticciato – ogni riferimento al Meticcio di Dottori non è puramente casuale – dal sapore mediterraneo e vivo. La contaminazione che porta Corrado e Stefano al sud, accolti a braccia aperte dal calore della Sicilia. Un inno all’amicizia e alla cura dello spirito, alla vita da prendere “con calma”. Una perfetta sintesi dei singoli produttori e non una sterile sommatoria. Un confronto costante su potatura, macerazione, pressatura e vinificazione.
Il progetto diventa anche un piccolo documentario, da vedere tutto di un fiato, o d’un sorso. Dalle immagini traspira quella voglia di stare insieme e di condividere la vendemmia insieme. Gli uni vicini agli altri. I giovani a carpire i segreti dei saggi. Gli anziani ad ascoltare le innovazioni delle giovani leve. Per chi vuole approfondire, ecco il link.
Il risultato a mio avviso più interessante è il rosato, prodotto con uve Parpato per il 95% e Catarratto. Due le vendemmie effettuate fino ad ora. La prima a grappolo intero, senza contatto con le bucce e la seconda lasciata macerare sulle bucce per 24 ore. La fermentazione è spontanea in vasche d’acciaio con lieviti indigeni. Affinamento in acciaio per 6 mesi sulle fecce fini. Imbottigliato non filtrato. Duemila le bottiglie prodotte nell’ultima vendemmia, tutte sigillate con elegante ceralacca.
Di colore rosso rubino, il vino è complesso e vibrante. Un rosato di corpo e di struttura, nonostante la poca alcolicità. Al naso immediatamente i frutti rossi maturi e succosi: fragola e ciliegia. All’assaggio è quasi da masticare, succoso, polposo. Lo trovo caratterizzato da fantastiche note minerali, terrose, sicule. Ma anche speziate e balsamiche. Bellissima anche l’acidità, di arancia rossa e melograno. Facile terminare la bottiglia, la sorsata richiama immediatamente la successiva, mantenendo sempre la bocca asciutta e pulita. Lontano dai rossi più ‘impegnati’ come la Syrah di Amerighi o il Cirò di De Franco.
Ideale per una bella grigliata estiva di carni bianche e verdure miste. Perfetto per un barbecue di pollo, ma anche con un cheeseburger o formaggi a media stagionatura. Benissimo abbinato anche con paste fresche al pomodoro. Un rosato che va a braccetto anche con i rossi. Interessante anche per antipasti e taglieri misti, per aprire ad altre portate a base di rossi. Molto interessante anche con una bistecca di tonno o un provolone affumicato. Per chi vuole rischiare: Halará, sushi a domicilio e buona quantità di soia.
L’etichetta invece ritrae un mulino sullo sfondo e una bambina spensierata che rincorre un cappello nel vento (sembra quello di Dottori). Una bambina che corre verso il futuro, perché “quando unisci un gruppo di amici, sai quando parti… non sai dove arrivi…”.
HALARÁ ROSATO (2019)
di Halarà
ALC 11,5% vol – 750ml
Euro 15,00
Foto copertina – @halaravini on Facebook
Un commento
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