51 giorni, 902 km, 35 tappe, da Saint-Jean Pied de Port al Faro di Finisterre, il celebre chilometro 0, la Fine del Mondo. Sono questi i dati salienti che riassumono, pur non riuscendo da soli a descriverne portata e bellezza, l’impresa realizzata da Marco, Cristiano, Davide, Adam e Manuel, cinque ragazzi di Belforte all’Isauro – provincia di Pesaro e Urbino – che con l’entusiasmo, la grinta e la leggerezza dei loro 18 anni hanno compiuto durante la scorsa estate il Cammino Francese di Santiago di Compostela in maniera unica, con l’ausilio di Joelette, una speciale sedia a rotelle da fuoristrada.
Già, perché Marco è un giovane con disabilità che quegli interminabili 902 km li ha percorsi su una sorta di “portantina” a ruota unica, che consente alle persone con mobilità ridotta di affrontare itinerari sterrati assolutamente impraticabili su una comune carrozzina e il cui primo prototipo fu ideato e realizzato nel 1987 dalla guida alpina francese Joël Claudel per il nipote, malato di miopatia.
I cinque ragazzi, i Belfortissimi in Cammino, sono recentemente stati ospiti e brillanti protagonisti di un incontro organizzato dal Panathlon Club Pesaro che ha scelto di assegnare loro il Premio Fair Play 2021 “per aver compiuto una grande impresa onorando i valori dell’amicizia, dell’etica e della generosità”.
Con semplicità, senza retorica, ma con la piena e matura consapevolezza di aver portato a compimento qualcosa di importante, hanno ripercorso la loro avventura, partendo da lontano, raccontando come tutto ha avuto inizio. «Ci conosciamo dall’infanzia, siamo cresciuti insieme. Belforte è un paese di 600 abitanti, ci si conosce tutti. È un paese piccolo, che non ha molte iniziative per i giovani, così nel 2016 abbiamo pensato di renderci protagonisti e creare qualcosa. Abbiamo iniziato con una cena medievale nel castello del borgo. L’idea del cammino è nata prima della pandemia, da un’idea di Michela – la mamma di Marco, il ragazzo con disabilità, ndr – e l’abbiamo subito accolta tutti con entusiasmo e curiosità.
Ci abbiamo messo circa 4 mesi per organizzare il viaggio. Non è facile manovrare la Joelette, per imparare a farlo abbiamo seguito un corso di abilitazione. C’è bisogno di equilibrio e tanta collaborazione. Prima del Cammino ci siamo allenati nei sentieri della nostra zona. All’inizio andavamo a istinto, poi abbiamo organizzato dei turni per gestire al meglio lo sforzo».
È stata un’esperienza unica, totalizzante, esaltante e complessa, costellata di difficoltà e imprevisti che non sono mancati fin dalla primissima tappa, con la pioggia battente e un problema al freno della Joelette – per fortuna rapidamente risolto – a mettere subito in chiaro le cose, a far capire ai ragazzi che non si sarebbe trattato di una rilassante passeggiata.
Le ripide discese su fondi sconnessi, i 14 km dell’impervia salita dell’O Cebreiro sono state altre prove dure e impegnative da affrontare, superate con determinazione e successo. Tra una tappa e l’altra anche il tempo per festeggiare le vittorie dell’Italia agli Europei di calcio, mentre chilometro dopo chilometro, giorno dopo giorno, nonostante caratteri e interessi diversi, l’amicizia e la fiducia reciproca si consolidavano a dismisura, permettendo ai Belfortissimi in Cammino di diventare un’armata invincibile e sempre più affiatata.
Dopo tanta fatica l’arrivo nella piazza principale di Compostela tra gli applausi scroscianti è stato il suggello, il meritato e giusto riconoscimento per tutti gli sforzi profusi. «È stato bello perché sapevamo di aver fatto qualcosa di unico nel suo genere. È stato emozionante, in particolare, vedere gli altri pellegrini, che abbiamo incontrato nel cammino e che sono diventati parte della nostra storia, accoglierci e celebrare il nostro successo con tanto entusiasmo».
L’impresa non sarebbe ovviamente stata possibile senza il fondamentale supporto organizzativo della mamma di Marco, Michela Mauri, che ha motivato tutto il gruppo con la forza della sua splendida idea e del suo sorriso contagioso: «Sono molto orgogliosa di questi ragazzi, si sono messi in gioco, dati da fare. Durante il lockdown, alle prese con la Dad, pensare a questo viaggio è stato uno stimolo per loro, programmare un’estate insieme è stato motivo di occupazione e distrazione.
Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio che dal punto di vista sociale è molto sensibile e abbiamo subito ricevuto un grande appoggio. I Belfortissimi hanno dimostrato che le differenze non sono mai un ostacolo ma una possibilità di conoscere l’altro, necessaria per conoscere sé stessi. A 18 anni hanno percorso tutta quella strada con leggerezza, ironia, complicità».
Una storia di condivisione e amicizia, un’importante fonte di ispirazione per tutti noi che ci troviamo ad affrontare le difficoltà, più o meno impervie, della vita. Una dimostrazione di quanto siano solidali, attenti al prossimo in difficoltà, in grado di fare i giovani di oggi, troppo spesso vittime di assurdi e generalizzanti stereotipi, ingiustamente etichettati come individui senza passioni e voglia di mettersi in gioco e realizzare obiettivi.
Foto copertina – I Belfortissimi festeggiano l’arrivo al chilometro 0, la “Fine del Mondo”. (Foto di Lorenzo Spina, tratta dalla pagina Facebook de “I Belfortissimi in Cammino”)