È stato nostro gradito ospite durante l’edizione 2013 di Overtime Festival. Ce lo ricordiamo con piacere e affetto, anche perché fu tra i primi grandi personaggi dello sport italiano a darci fiducia e venirci a trovare. Quando arrivò a Macerata, ci approcciamo a lui così come a tutti gli altri ospiti ancora non conosciuti dal vivo, ma solamente contattati tramite telefono o via email: con un mix di adrenalina e curiosità, rispetto e circospezione, ammirazione e tentativo sommario di inquadrarne da subito la personalità.
Bastarono poche battute con mister Davide Ballardini per spazzare via ogni distanza, ogni timore reverenziale. Per capire di trovarci di fronte a un grande appassionato di calcio, a uno di noi, a uno che non se la tira neanche un po’. Appartenente, tra l’altro, alla ristretta cerchia di coloro che il caffè te lo offrono e non se lo fanno offrire.
Durante il dibattito cui partecipò, con il suo tono garbato e mai fuori le righe, raccontò senza remore alla platea i momenti salienti della sua carriera, le gioie, le delusioni, le emozioni che ne avevano accompagnato e caratterizzato l’andamento e lo sviluppo fino a quel momento. Non si sottrasse a nessuna curiosità, si soffermò anche su aspetti tecnici e tattici, svelò dieta e regime alimentare dei suoi calciatori rispondendo a una domanda di una nutrizionista interessata all’argomento.
Sabato scorso, nella partita contro la Fiorentina terminata 1-1, Ballardini si è seduto per la centesima volta sulla panchina del Genoa, una delle squadre più antiche d’Italia, fondata nel lontano 1893. Un traguardo importante, il suggello di una grande storia d’amore, che come tante storie d’amore appassionate e sofferte ha conosciuto capitoli burrascosi, tira e molla, momenti idilliaci e altri molto meno romantici ed appaganti. Ma che resiste ai tempi, alle mode, all’evoluzione del calcio, alle frecciate e alle rivoluzionarie sessioni di mercato invernale del presidente Preziosi. L’ennesimo tassello di una carriera in cui nulla è stato regalato e tutto sudato, con tanti sali e scendi, esoneri e subentri in corsa, condotta sempre a testa alta, senza ruffianeria e piaggeria, senza avere sponsor importanti e stampa particolarmente benevola. Costellata, soprattutto, da tanta gavetta.
Nato a Ravenna nel 1964, ha imparato molto dalla sua esperienza, durata sette anni, come centrocampista centrale del Cesena, società che all’epoca vantava Arrigo Sacchi come allenatore delle giovanili e Osvaldo Bagnoli mister della prima squadra. Inizia ad allenare nelle giovanili del Bologna, per poi passare a quelle del Cesena, del Ravenna, del Milan, del Parma, società con cui consegue la vittoria del campionato Under 18. Nel 2004, nel ruolo di allenatore della Sambenedettese in Serie C1, sfiora la promozione in Serie B.
Dopo una prima esperienza in Sardegna nel 2005, nella stagione 2007-2008 viene ingaggiato di nuovo dal Cagliari, subentrando – situazione che gli diventerà assai familiare – a stagione in corso. Dopo il suo arrivo la squadra sarda colleziona una serie di importanti vittorie che le consentono di restare in serie A.
Nel 2008 guida la panchina del Palermo che ottiene il record di diciassette vittorie in campionato e uno straordinario ottavo posto finale – con la prestigiosa vittoria per 2-1 a Torino contro la Juventus -, prima di dimettersi a stagione conclusa, probabilmente stanco dei “suggerimenti” di formazione di Zamparini e Luciano Moggi. Dimostrando così la proverbiale totale mancanza di propensione al compromesso.
Nel 2009 approda alla Lazio, con cui conquista il primo titolo della carriera, la Supercoppa italiana, sconfiggendo, a Pechino, l’Inter di Mourinho prima di essere esonerato dopo poche giornate e un pessimo rendimento in campionato.
Nel 2010 la prima delle quattro esperienze al Genoa. Con il presidente Preziosi a chiamare – ovviamente in corsa – quell’allenatore del cui curriculum ammirava soprattutto un aspetto: avere già avuto la forza e l’equilibrio per lavorare alla corte di presidenti come Cellino, Zamparini, Lotito, altrettanto se non più vulcanici e istintivi di lui. La società rossoblù conquista un buon decimo posto in campionato e la vittoria di entrambi i derby, dettaglio non di poco conto dalle parti della città della Lanterna. A fine stagione la conferma appare scontata ma arriva l’addio, che contribuisce ad avvolgere Ballardini di un’aurea misteriosa e a rafforzare la sua fama di uomo tutto di un pezzo, dai principi solidi e non negoziabili, di allenatore che non sopporta ed accetta interferenze.
Dopo una nuova, non fortunata, esperienza al Cagliari, nel gennaio 2013 viene richiamato sulla panchina del Genoa con cui conquista una complicata salvezza. Sono mesi di pura sofferenza in cui si rafforza il suo legame con la piazza. All’indomani di una vittoria al novantesimo minuto contro la Lazio, intervistato da Primocanale Sport, emozionato racconta: «I ragazzi ieri hanno dato tutto e il pubblico ci ha sostenuto alla grande, poi ho guardato la Gradinata Nord e dietro gli occhiali mi sono commosso». Dopo una dichiarazione del genere e la permanenza in Serie A, può una società privarsi di un allenatore del genere l’anno successivo? Assolutamente sì. Al suo posto viene scelto Liverani, un esordiente, che su quella panchina siederà in realtà molto poco.
Passano quattro anni senza più incrociarsi, frequentarsi, coccolarsi ma la storia tra il Genoa e Ballardini non finisce. L’allenatore romagnolo viene ricontattato nel 2017 dopo l’esonero di Juric e, nonostante altre ammiccanti richieste, accetta l’incarico. Non riesce a restare lontano da quella panchina, con cui è diventato un tutt’uno. È attratto da quei colori, da quella città, da quella tifoseria, così come Ellida, la “Signora del mare”, l’eroina del romanzo del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, è attratta dall’acqua del fiordo, sente il richiamo fatale del mare, e non può vivere senza viverlo e anelarlo.
Alla sua terza esperienza, Ballardini ottiene un’agevole salvezza, è il salvatore della patria e viene riconfermato nel 2018. Per una volta nella carriera può organizzare un raduno estivo, pianificare preparazione e stagione. Valorizza l’attaccante polacco Piatek che sotto la sua guida letteralmente esplode ma dopo una sconfitta interna con il Parma arriva la doccia gelata dell’esonero che fa molto male. Così come le parole di Preziosi rilasciate al Corriere della Sera: «È scarso…Resta un gestore di situazioni complicate. Se inizia una stagione con una squadra poi non compie il salto di qualità».
Sembra una rottura definitiva. Che non ci sia più alcuno spiraglio per un ritorno di fiamma. Che ognuna delle due parti vada per la propria strada e inizi una nuova vita, senza ulteriori strascichi, rimpianti o ripensamenti. Ma arriva il colpo di scena che non ti aspetti. Il Genoa inizia malissimo la stagione 2020-21, è in piena zona retrocessione, Maran viene licenziato e Ballardini richiamato.
L’amore per il Genoa è più forte di ogni cosa, perfino del proprio orgoglio ferito da quelle frasi al veleno. Davide riprende possesso di quella panchina, la squadra grazie ai gol di Destro e Scamacca riemerge, inanella vittorie e risultati positivi, esce dalla zona calda. In questo momento la salvezza non è ancora certa ma il Genoa è sulla buona strada per conquistarla. Vedremo come andrà a finire la stagione. E soprattutto se proseguirà la storia d’amore, questa attrazione fatale tra il Genoa e Ballardini. O se il tecnico farà come Ellida che alla fine ha scelto di non farsi più travolgere dal richiamo del mare e si è acclimatata altrove.
Foto copertina – Davide Ballardini sulla panchina del Genoa. (legaseriea.it)