La Stanley Cup festeggia i suoi 130 anni

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La Stanley Cup compie 130 anni. Irriconoscibile rispetto a quella degli esordi. Oggi decisamente voluminosa  – l’altezza è di 90 cm e il peso di 15,6 kg –  nasce invece come una ben più modesta ciotola di circa 18,5 centimetri di altezza e 29 di diametro. Dal valore nominale di 10 ghinee (circa 50 dollari) di fine Ottocento, prezzo che Sir Frederick Arthur Stanley, Lord Stanley di Preston e figlio del 14° conte di Derby, paga per l’originale scodella da presentare alla ‘squadra campione di hockey del Dominio del Canada’ a ricordo del suo periodo come governatore generale, all’odierna assoluta inestimabilità di un valore che non può essere misurato con le unità monetarie tradizionali ma solo attraverso i sacrifici di una comunità sempre crescente, ma ancora esclusiva, di giocatori.

La Stanley Cup è il trofeo più antico vinto da atleti professionisti del Nord America, forse oggi il più famoso al mondo e con ogni probabilità il più grande di tutto lo sport. Sicuramente l’unico trofeo sportivo professionistico in cui è iscritto il nome di ogni membro della squadra vincitrice. È del 1924, infatti la decisione – presa anche per scoraggiare i giocatori dall’incidere i propri nomi nella Coppa (come avevano fatto alcuni campioni precedenti) – di consentirne l’iscrizione, cosa che ha porta all’inserimento, sotto la ciotola, di bande che potessero ospitare l’elenco.

Dal 1958, la versione attuale della Coppa risulta composta da una copia della ‘ciotola’ di Lord Stanley di Preston, alla quale sono state aggiunte tre fasce a più livelli, un colletto e cinque fasce uniformi alla base e sulle quali ogni anno vengono incisi appunto i nomi dei componenti del team vittorioso, oltre a quello dell’allenatore, dello staff tecnico, del management e di alcuni giocatori selezionati dal roster vincente. A mano a mano che si esaurisce lo spazio su cui scrivere, vengono sostituite da altre nuove, mantenendo il trofeo alle sue dimensioni attuali. Se dall’inizio della storia, infatti, fossero state lasciate tutte al loro posto, il trofeo arriverebbe a circa due metri di altezza! Le bande in pensione si uniscono alla ciotola originale dell’Hockey Hall of Fame. Attualmente il trofeo è composto da una coppa, tre fasce a gradini, un collare e cinque fasce a botte che possono ospitare fino a 2.267 nomi. Quattro sono già piene.

Patrick Maroon con la Stanley Cup del 2019. (Foto di Fred Ortlip, CC BY-SA 2.0)

Poiché a differenza della maggior parte delle altre discipline sportive, in cui ogni anno viene creata una coppa da consegnare alla squadra vincente che può tenerla, nell’hockey la Stanley Cup viene passata alla squadra vincente ogni stagione, al fine di preservarla ed evitare di danneggiarla ne esistono due ‘versioni’: l’originale, conservata presso una camera blindata della Hockey Hall of Fame di Toronto e una copia, la Presentation Cup, che è quella che viene annualmente consegnata. Ne esiste, infine anche un’ulteriore replica, la Permanent Cup, creata nel 1993, che viene esposta nella Hockey Hall of Fame quando la Coppa ‘di presentazione’ è in viaggio.

Nonostante si tratti di una copia, tutta la magia del trofeo si esprime ogni anno al termine di ogni finale della Stanley Cup, quando un dignitario della NHL lo consegna al capitano della squadra vincente, che è il primo, seguito poi da tutti i vincitori a fare un giro della pista con la Coppa in mano per mostrarla al pubblico. Ma non basta. In base a una tradizione iniziata nel 1993, e che non ha pari, a ciascun membro della squadra è offerto,  durante l’estate, un intero giorno con il trofeo per festeggiare.

La pratica di iscrivere i nomi sul trofeo non solo ha reso il trofeo ‘fisicamente’ più grande, ma gli ha conferito altresì uno spirito profondamente personale, come gran parte del suo carattere e ciò, in qualche modo, anche per gli errori commessi nel processo di incisione nel corso degli anni.

Ma questa è tutta un’altra storia.

Foto copertina – Alex Ovechkn solleva la Stanley Cup 2018 verso i tifosi. (Foto di Gymrat16, CC BY-SA 4.0)

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