Il ragazzo con lo zaino arancione

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Alberto Tofano, oggi apprezzato giornalista, nel maggio 1985 era un ragazzo di 16 anni dalla salute un po’ cagionevole, uno studente di liceo classico affezionatissimo agli amati genitori, con una passione sfegatata per la Juventus. Talmente sfegatata da indurlo a vendere il motorino, risparmiare sulla paghetta, chiedere prestiti a un amico di famiglia per racimolare i soldi necessari a coprire i costi della trasferta al seguito della squadra bianconera impegnata a Bruxelles nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.

Una partita tristemente nota, giocata nonostante fossero appena morti schiacciati 39 semplici e inermi tifosi a seguito delle furiose cariche perpetrate dagli hooligans inglesi e a causa – è sempre bene rammentarlo – delle spaventose lacune in termini di sicurezza e ordine pubblico di cui si macchiarono gli organizzatori dell’evento, Uefa e autorità pubbliche belghe in primis.

Alberto era là, nel famigerato settore Z dello stadio Heysel in cui si consumò la tragedia. È un sopravvissuto, non a una guerra o a una calamità naturale, ma a una partita di calcio. Che come tutti i sopravvissuti porta ancora con sé il peso, le conseguenze psicologiche di quella tragedia, con una domanda a ronzargli ossessivamente in testa: “Perché è toccato agli altri e non a me?.

libro heysel

La targa commemorativa delle 39 vittime all’Heysel. (Foto di Randy110912, CC BY-SA 4.0)

Quei fatti sconcertanti non possono essere rimossi dalla memoria personale e nemmeno collettiva. Né oggi né mai. Tufano ha deciso di ripercorrerli nel libro “Il ragazzo con lo zaino arancione” scritto a quattro mani con il giornalista della Gazzetta dello Sport Francesco Ceniti dopo aver casualmente visto nel 2012 su alcune testate giornalistiche, rimanendone particolarmente turbato, una foto in cui era ritratto in quella curva maledetta con in mano il suo zainetto, spaventato e attonito tra corpi senza più vita.

L’opera è probabilmente un tentativo da parte dell’autore di esorcizzare quel perenne malessere, un mezzo attraverso cui custodire il ricordo di quella orribile giornata, affinché non venga mai dimenticata la sua assurdità, in modo tale che si faccia in futuro ogni sforzo per non ripetere quei fatali errori, per evitare che simili tragedie possano di nuovo materializzarsi in un impianto sportivo e in ogni altro dove.

La copertina del libro. (Foto di Angelo Spagnuolo)

Magari contribuendo a far rinsavire quegli stolti – altri termini in realtà sarebbero molto più appropriati per definirli – che continuano a scrivere sui muri delle città e sugli striscioni negli stadi slogan deliranti su quei morti innocenti, credendo forse di colpire la Juve, acuendo in realtà solo le sofferenze personali, le ferite mai rimarginate dei parenti delle vittime.

Tufano racconta quel 29 maggio 1985 con semplicità, dal punto di vista di un adolescente che inizialmente è felice, perché sta realizzando un sogno cullato da più di un anno, riuscire a seguire la sua squadra del cuore giunta fino all’ultimo atto della Coppa Campioni.

L’atmosfera a Bruxelles sembra almeno inizialmente gioiosa e pacifica, con tifosi inglesi e italiani a fraternizzare nella Grand Place, con Alberto a scambiare anche qualche chiacchiera con una graziosa coetanea di Liverpool.

Poi tutto precipita, con gli assembramenti dei tifosi britannici sempre più alticci e la pessima gestione organizzativa dell’evento in uno stadio assolutamente non adatto a ospitare una partita del genere, con quelle pericolose balaustre in mezzo alle tribune a ostacolare prima la visuale e poi la fuga dei supporters italiani, con pochissimi inerti poliziotti a dover controllare due tifoserie assiepate in settori separati solo da una rete simile a quelle presenti nei pollai.

Tra i ricordi più dolorosi per Tufano l’aver letto nell’elenco delle vittime il nome di un ragazzo, Roberto Lorentini, che aveva conosciuto qualche ora prima della partita nel centro della capitale belga e che sarà insignito dalla Presidenza della Repubblica della medaglia d’argento al Valor Civile per aver cercato purtroppo invano quella sera di salvare la vita all’undicenne Andrea Casula, tornando sugli spalti e trovando a sua volta la morte quando già si era messo in salvo.

A corollario del libro le testimonianze di giornalisti sportivi, calciatori, uomini di sport, familiari delle vittime che raccontano come hanno vissuto quei momenti sul posto o davanti alla TV. Tra i contributi anche quelli di due storici amici di Overtime Festival: Mauro Berruto e Marco Ardemagni.

 

IL RAGAZZO CON LO ZAINO ARANCIONE

Il sopravvissuto all’Heysel, 29 maggio 1985

di Alberto Tofano

LA GAZZETTA DELLO SPORT – 217 pagine

 

Foto copertina –  L’autore del libro, Francesco Ceniti, ospite a Overtime Festival nel 2014.

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