Progetto Rugbull, una vitamina contro il bullismo nello sport

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Con “Storie all’Overtime” celebriamo lo sport e i suoi valori, le storie e le imprese di atleti che riempiono di bellezza e stupore la nostra quotidianità. Sostenendo con cognizione di causa che lo sport, in questo particolare momento storico in cui famiglia, parrocchia, sindacati, politica e altre istituzioni versano in condizioni di grande affanno, sia rimasto l’ultima rete sociale in grado di fornire contenuti, protezione, senso civico ai giovani.

Allo stesso tempo, consapevoli che come ogni altro campo dell’esistenza umana nemmeno lo sport sia un mondo perfetto e idilliaco, scevro da manchevolezze e difetti, ci soffermiamo talvolta a indagare anche le sue problematiche con la speranza che possano essere risolte o comunque affrontate con coraggio e determinazione, senza reticenze e omertà.

Per questo abbiamo seguito con molto interesse gli sviluppi del Progetto Erasmus Plus Rugbull: Promoting Rugby in schools as anti-bullying “vitamin” che il Comune di Pesaro ha realizzato in collaborazione con una società rugbistica del territorio, le Formiche Rugby Pesaro. Un progetto che ha conosciuto il suo atto conclusivo pochi giorni fa con la realizzazione di un evento internazionale ricco di attività educative, formative e divulgative, impreziosito da un torneo di rugby a sette, cui hanno partecipato ragazzi e squadre provenienti da 10 Paesi europei nel contesto di un momento di incontro, conoscenza e integrazione.

Finalità del progetto europeo è stata indagare il rapporto tra sport e bullismo, un tema, ad oggi, largamente inesplorato. Pesaro è l’unico comune in Italia cui la comunità europea abbia riconosciuto un importante finanziamento finalizzato ad analizzare come il bullismo operi purtroppo non solo nelle scuole e in altri contesti sociali ma anche nell’ambito delle società sportive nonché all’elaborazione di protocolli di prevenzione contro questa subdola forma di discriminazione.

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Nick Scott, l’allenatore e dirigente inglese che ha formato i tecnici del Progetto Rugbull. (Foto Progetto Rugbull)

Il bullismo nello sport è un fenomeno esistente ma poco investigato, in troppi casi non affrontato e combattuto con la fermezza che la sua gravità richiederebbe. Studi empirici in tutta l’Unione Europea hanno infatti confermato che lo sport può fornire un ambiente in cui i bambini sono vulnerabili a varie forme di violenza e bullismo: esclusione, discriminazione o aggressione, fisica e verbale, messe in atto da compagni di squadra, allenatori, dirigenti.

Il progetto Rugbull, iniziato nel 2020 nonostante le inevitabili difficoltà legate alla pandemia, ha sfruttato il ruolo educativo del rugby per aumentare la consapevolezza sul fenomeno del bullismo nello sport. Il lavoro è stato condotto da un comitato tecnico scientifico – di cui hanno fatto parte allenatori, psicologi, personale scolastico – presieduto e coordinato da Nicola Mazzucato, ex giocatore di rugby con all’attivo tre campionati italiani vinti e 39 presenze internazionali con la maglia dell’Italia.

In una prima fase di campionamento, ricerca e analisi l’attività è consistita nella raccolta dati realizzata tramite un questionario somministrato ai ragazzi all’interno delle scuole e delle società sportive per capire la loro effettiva consapevolezza della problematica. Per rendere lo strumento di indagine più motivante e di maggiore interesse, si è partiti dalla lettura di una breve storia tratta da episodi simil-reali accaduti nel mondo sportivo. Tra le risultanze più interessanti il dato che circa il 90% dei ragazzi appartenenti alle società sportive e circa il 95% degli alunni/delle alunne ha valutato la storia di discriminazione raccontata gravissima/molto grave/abbastanza grave. I giocatori hanno ritenuto però abbastanza improbabile che episodi come quelli descritti possano succedere nella loro società di appartenenza. In particolare, solo il 21,5% di loro ha sostenuto possano accadere qualche volta nel contesto dello spogliatoio, mentre tutti gli altri sono convinti che non avverranno mai. Nessuno ha risposto con spesso/molto spesso/sempre. Dimostrando probabilmente un atteggiamento protezionistico nei confronti della disciplina sportiva scelta o dell’associazione sportiva di appartenenza.

La seconda fase dell’attività del Progetto Rugbull si è incentrata sull’elaborazione di “buone pratiche” anti-bullismo con la redazione di una carta dei valori indirizzata ai giocatori e agli adulti delle società sportive e la creazione di un format educativo costituito da 6 lezioni pratiche tenute in 3 istituti scolastici pesaresi. A svolgerle 20 tecnici formati da Nick Scott, allenatore e dirigente rugbistico britannico che, tra i tanti incarichi di alto profilo ricoperti in carriera, si è occupato per quasi venti anni dello sviluppo e del miglioramento dei principali staff tecnici inglesi per conto della Rugby Football Union (RFU).

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Nick Scott sul campo da rugby. (Foto Progetto Rugbull)

L’esperienza nelle scuole e sul campo è stata il vero fiore all’occhiello, il valore aggiunto di Rugbull: i ragazzi che poco sapevano di rugby e che nella maggior parte dei casi non avevano mai tenuto in mano una palla ovale si sono inizialmente approcciati a queste lezioni con qualche titubanza, svanita nel breve lasso di tempo di portare a termine qualche esercizio sul campo. Hanno ben presto prevalso la voglia di imparare, la curiosità, il desiderio di accostarsi ai valori del rugby. E come testimoniato dai professori delle classi coinvolte nel progetto il format educativo ha cementato l’unità del gruppo, il senso di appartenenza, ha diretto i ragazzi a darsi sostegno nella migliore tradizione rugbistica, a concentrarsi su un obiettivo comune. Dimostrando come il gioco sia elemento essenziale per favorire integrazione, contrastare discriminazione.

Il protocollo educativo redatto ha poi avuto applicazione pratica e concreta nel contesto di due importanti eventi sportivi ed educativi organizzati: un torneo nazionale di Mini Rugby giocato in spiaggia e l’evento internazionale concluso pochi giorni fa con grande successo al campo Toti Patrignani di Pesaro con i ragazzi europei a fraternizzare e condividere la comune viscerale passione per il rugby e lo sport.

Lo sport che ci piace. Lo sport che grazie a progetti come Rugbull può fare un attento esame di coscienza, interrogarsi sui suoi limiti, trovare al suo interno gli anticorpi per colmare le sue lacune, migliorare e assolvere pienamente alla sua funzione sociale.

 

Foto copertina – Uno scatto dell’evento internazionale che ha coinvolto giovani rugbisti provenienti da 10 Paesi europei. (Foto Progetto Rugbull)

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