Nasce come latifondo rurale intorno al XV secolo, prende il nome dai nobili Lingotti. E cosi diventa il Lingòt, in piemontese.
Il terreno viene acquistato dalla Fiat che decide di costruire lì un nuovo grande complesso industriale. Siamo nel 1915. Era la periferia sud-est di Torino. Lo stabilimento, ispirato a quello Ford di Highland Park, trasforma il borgo rurale in quartiere operaio. La struttura, di cinque piani, occupa una superficie di oltre 150.000 metri quadrati ed è realizzata interamente in cemento armato con spesse e robuste colonne di sostegno poste ogni sei metri. Apre nel 2023.
E sul tetto di quello che diventa il mondo Fiat – a 28 metri sopra la città di Torino – viene costruita una pista di prova. Un chilometro e mezzo, due curve paraboliche simmetriche collegano i rettilinei. Accessibile dall’interno dell’edificio attraverso una spirale di due rampe elicoidali posizionate a nord e a sud delle Officine, la pista, che appare anche nel film The italian job del 1969, serve a testare prototipi o eventuali malfunzionamenti dei veicoli al termine del processo di assemblaggio. Velocità massima: 90 km/h, più che sufficiente per quegli anni.
Il complesso industriale, eccezionale testimonianza di architettura funzionalistica, e definito da Le Courbusier “uno degli spettacoli più impressionanti che l’industria abbia mai offerto” rimane operativo fino al 1982, quando la produzione si ferma definitivamente.
Nel 1985, la riconversione viene affidata all’architetto Renzo Piano che lo aggiorna in più tempi. Lo trasforma in un cluster polifunzionale, centro di un grande sistema di spazi. Poi, a metà anni ‘90, sopra la pista di prova, aggiunge la Bolla, grande sfera di vetro che contiene una sala riunioni servita da un eliporto e nei primi anni Duemila una galleria d’arte sopraelevata in memoria di Gianni e Marella Agnelli, la Pinacoteca Agnelli, la cui programmazione, con la direzione di Sarah Cosulich, si estende fuori dagli spazi del museo dando vita a un ambizioso progetto di arte all’aperto sull’iconico circuito sul tetto.
Protagonista anche questo di una rigenerazione che lo ha visto trasformarsi in un secret garden affacciato sulla skyline torinese. Inaugurata da appena due anni, la Pista 500 nella sua nuova veste di oasi urbana vive in 28 grandi isole naturali che coprono oltre 6.000 mq, sui 27.000 di rooftrack, danno così vita al progetto dell’architetto e paesaggista Benedetto Camerana che riporta la natura all’interno del cemento armato, come pionieristicamente aveva già fatto Renzo Piano nei cortili interni. “Il parco atterra sull’asfalto” afferma il progettista.
La pista si è fatta bella oggi per veicoli a propulsione elettrica, biciclette, scooter e passeggiate nel verde in una visita immersiva e totalizzante tra arte, natura e archeologia industriale.
Foto copertina di Pamela Carelli.