Motomondiale: il cambio della guardia

Fine anno, tempo di bilanci. Anche per il Motomondiale, che gli organizzatori hanno portato a conclusione con successo. Un risultato per nulla scontato, visti i tempi e la difficoltà di gestire in periodo di pandemia un paddock con migliaia di addetti ai lavori.

Anno stranissimo per la MotoGP, orfana del suo sovrano assoluto e incontrastato, Marc Marquez, tradito dalla sfortuna di una rovinosa caduta e soprattutto dalla frenesia di accelerare, anzi bruciare, tappe e tempi di recupero, riabilitazione e rientro in pista. La sua assenza ha rappresentato per molti piloti e team l’occasione imprevista, e forse irripetibile, di giocarsi e conquistare il titolo, alla fine appannaggio di Alex Rins su Suzuki. Vincitore ancora una volta uno spagnolo, come accade ormai da nove anni consecutivi.

Quanto ai piloti italiani, il Motomondiale ha riservato note liete e soddisfazioni per alcuni. Delusioni, rammarico e occasioni perse per altri. E probabilmente ha sancito un cambio della guardia, con nuovi protagonisti pronti a balzare agli onori della cronaca, in vetta alla classifica, e a occupare spazi e ruoli lasciati liberi da altri. Un ricambio di protagonisti, soprattutto generazionale, che alimenta la speranza di perpetuare la lunga tradizione italica di successi ed emozioni.

Valentino Rossi, per tante ragioni, appare l’unico protagonista insostituibile. Per il numero di vittorie, il carisma, per essere entrato in pianta stabile nei cuori della gente. Nelle ultimissime stagioni ha ricordato un po’ il Fausto Coppi del 1959, magistralmente raccontato da Marco Pastonesi nel libro “Coppi ultimo” (66tha2nd): un corridore giunto alla fine della sua carriera, non più in grado di staccare gli avversari e nemmeno di vincere una corsa. Ma pur sempre un faro, la stella di gran lunga più splendente e ammirata di tutto il gruppo. La ragione principale, se non esclusiva, per cui la gente lasciava le case e si riversava in strada a vedere il passaggio dei ciclisti. Una leggenda, un mito vivente, che era diventato un tutt’uno con la sua biciletta, dalla quale non riusciva a staccarsi, a separarsi, pur non mancandogli fama, denaro, attività imprenditoriali avviate. E quando le competizioni finivano, si ripeteva costantemente la stessa scena: Coppi, magari giunto al traguardo con minuti di distacco, era immancabilmente più coccolato, più osannato, più cercato del vincitore di giornata. Il pubblico acclamava lui, voleva un autografo da lui, in definitiva era lì solo per lui, Fausto Coppi.

L’ultimo Fausto Coppi, raccontato da Marco Pastonesi, dopo la Parigi-Roubaix del 1959. (pinterest.co.uk)

Avviene più o meno la stessa cosa per il “Dottore”, che non solo ha scritto pagine sportive indelebili della storia del motociclismo. Ha avuto anche un ruolo fondamentale nel trasformarlo da sport di nicchia a sport popolarissimo. Ha fatto riempire di spettatori i circuiti, allestire maxischermi nelle piazze, come mai era successo. Ha tenuto incollato davanti ai televisori anche chi, prima, preferiva interessarsi ad altro, anche chi non è mai salito in sella a una moto e non sapeva cosa fosse una piega. È per questo che troviamo ingenerose e soprattutto insensate le critiche, gli epiteti come “bollito”, “finito” che soloni e leoni da testiera gli riservano. È per questo che le sbavature, gli errori, le cadute in cui è incappato in questa stagione ci paiono infinitesimamente marginali rispetto alle emozioni che ci ha regalato. Ai nove titoli mondiali vinti, ai duelli con Biaggi, Gibernau e Capirossi, alle sportellate di Laguna Seca con Stoner, al trionfo di Welkom, in Sudafrica, al ritorno in Yamaha nel 2004.

Il duello tra Rossi e Stoner nel 2008 alla curva del “Cavatappi” di Laguna Seca. (motograndprix.motorionline.com)

La stagione è stata al di sotto delle aspettative per Andrea Dovizioso: dopo stagioni da protagonista, duelli – in qualche occasione anche vittoriosi – con Marquez, il 2020 pareva essere l’anno buono, quello dell’assalto al titolo. Invece il pilota forlivese non ha trovato il feeling con la sua Ducati e con la gomma. Soprattutto, già a metà stagione, sono esplosi, e resi pubblici, dissapori e incomprensioni con il suo team. Tanto insanabili da sancire il mancato rinnovo del contratto e la fine del rapporto lavorativo a fine stagione. Un epilogo che solo chi era dentro quel box poteva prevedere, assolutamente sorprendente per tutti gli altri, compresi tanti addetti ai lavori. Le parti hanno continuato a lavorare con professionalità e per il bene della squadra. Ma si sa, nello sport e nella vita, la serenità nei rapporti e all’interno di un gruppo è fondamentale. E se manca sono guai amari e i risultati latitano. Come puntualmente è avvenuto.

In quest’ultimo anno il rapporto tra Dovizioso e Luigi Dall’Igna, direttore generale Ducati, è stato tutt’altro che idilliaco. (gpone.com)

Ad aumentare il rammarico la circostanza per cui, per una serie di incastri particolari, Dovizioso è rimasto senza una moto per l’anno prossimo. Ogni giorno confidiamo in qualche sorpresa, di leggere l’annuncio di un ingaggio inaspettato. Se lo meriterebbe un pilota forte, umile, costante, che ha ancora tanto da dare, come Dovizioso. Che con l’orgoglio tipico del campione, ha ringraziato la Yamaha ma rifiutato la sua offerta di fare il collaudatore. Meglio un anno sabbatico, alla ricerca di una nuova occasione per tornare in pista più competitivo che mai. C’è ancora tempo prima di dedicarsi al collaudo.

Un altro esponente della vecchia guardia italiana non correrà di certo nel 2021 e – almeno – per i prossimi anni, ma per motivi ben differenti. Parliamo di Andrea Iannone, squalificato per doping per quattro anni per effetto della recente sentenza del TAS. Un colpo durissimo e probabilmente definitivo alla sua carriera.

Ma se questi protagonisti italiani segnano il passo, altri vengono prepotentemente alla ribalta, a suon di risultati. Nonostante la caduta a Brno e l’operazione alla tibia destra, Francesco “Pecco” Bagnaia ha regalato sprazzi del suo talento. Già campione del mondo della Moto2 nel 2018, in questa stagione in sella alla Ducati del Team Pramac Racing ha conquistato un ottimo secondo posto nel GP di Misano. Promosso nel 2021 in Ducati ufficiale, avrà la grande occasione di dimostrare le sue indubbie doti, con l’obbligo di saper gestire meglio una pressione che l’ha indotto ad alcune cadute ed errori di gioventù.

Non è più una promessa, ma una certezza, un punto fermo del nostro motociclismo, Franco Morbidelli. Nel 2020 vincitore di ben tre GP, secondo posto nella classifica piloti, ha dimostrato grande costanza di rendimento, la capacità di gestire con freddezza gare in testa dal primo all’ultimo giro, grinta e sangue freddo nei corpo a corpo, primi fra tutti quelli con l’australiano Jack Miller, altro enfant prodige. Un ragazzo serio Franco, che abbiamo visto sottoporsi a scrupolose sedute atletiche di allenamento al campo scuola di Pesaro. Per il cui sogno di diventare pilota, la famiglia si è trasferita da Roma a Babucce, a due passi da Tavullia, terra dove si respira ogni giorno odore di benzina e di bagarre. Ragazzo che è diventato presto uomo, a seguito della drammatica morte del padre Livio, meccanico con un passato nelle corse. Con “Morbido”, primo pilota a sottoscrivere un accordo formale, è nata la VR46 Accademy, l’ultimo regalo di Vale Rossi allo sport italiano, una fucina di campioni, unica occasione per tanti ragazzi senza grandi risorse economiche di perfezionare le loro doti innate, l’unico strumento con cui il motociclismo italiano dopo anni di sofferenza è riuscito a rimettere in discussione, almeno parzialmente, il predominio spagnolo.

Franco Morbidelli in sella alla sua Yamaha. (oasport.it)

A dare manforte alla punta di diamante Morbidelli e alla pattuglia dei corridori italiani, nel 2021 arriveranno due nuovi prestigiosi innesti: Luca Marini, fratello di Valentino e altro esponente di spicco della VR46, ed Enea Bastianini, detto “la Bestia”, il talentuoso centauro riminese salito in moto per la prima volta a 3 anni e 3 mesi, fresco vincitore del mondiale Moto2. Un campionato che ha conosciuto tanti vincitori italiani negli ultimi anni. Forse celebrati meno di quanto meritassero le loro imprese.

 

Foto copertina – gpone.com

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