Il primo problema di Gattuso è le physique du rôle. Banalmente: non l’ha avuto in dotazione. Se chiudi gli occhi e lo porti lontano da un campo da calcio, lo immagini con due casse di frutta e verdura tra le mani, nell’atto di spostarle, da qua a là e avanti così, tutti i santi giorni. Il secondo problema di Gattuso è il soprannome: Ringhio. Ora: ringhiare, cioè emettere un minaccioso brontolio, digrignando i denti. Latrati da canile, non da laboratorio tecnico-tattico di una squadra di calcio. Ok: Oxford non abita qui. Errore clamoroso. Perché il primo e il secondo problema fanno di Gattuso il più sottovalutato degli allenatori della nostra Serie A e ci dicono ancora una volta di come la prospettiva inganni, disattenda le aspettative e in un qualche modo ci consegni l’immagine falsata di qualcuno, non la sua reale identità. L’Alpe di Siusi vista da vicino è una meraviglia che pulsa bellezza, vista dall’autogrill dell’autostrada è un contorno che interrompe l’azzurro del cielo.
Quando pesiamo il Gattuso allenatore cadiamo inevitabilmente nella tentazione di (ri)considerare chi è stato il Gattuso calciatore, il mediano mordi e fuggi, il portatore sano di ferocia, l’uomo che – come sentenziò una volta per tutte Ibrahimovic – «in guerra vorrei sempre al mio fianco». Quello era il Gattuso con la maglia del Milan, un indomito lottatore che faceva dell’agonismo la sua cifra stilistica, alla faccia di tutto e di tutti. E’ stato un calciatore, Gattuso, che ha fatto dell’artificio della battaglia il suo piedistallo. Battagliere, va da sé, immaginiamo anche le sue squadre; ma è un altro errore. Nel valutarle scivoliamo in un terreno infestato da luoghi comuni. E quindi: le squadre di Gattuso sono cattive, tenaci, non mollano mai, determinate come nessuno, giocano un calcio pratico e sbrigativo, senza concedersi il lusso della bellezza. Mica vero.
Giunto a 42 anni e dopo aver passato gli ultimi sette in panchina, a Gattuso andrebbe invece riconosciuta un’altra identità, un’altra storia, un’altra narrazione. Il Gattuso allenatore manifesta – da sempre, non da oggi – una naturale predisposizione – quasi un gusto – per la bellezza del gioco, in tutte le sue forme.
Il Napoli di quest’anno – portato a fare il salto di qualità – ne dà continua conferma. Nei suoi momenti migliori la squadra gioca un calcio piacevolissimo, di qualità, con una fitta rete di passaggi che seduce gli sguardi più attenti e i cuori meno inquinati da impressioni spacciate per certezze. Lo stesso modulo – talvolta Gattuso ha schierato i suoi con un 4-2-4 “alla brasiliana” – è modulato su un’idea offensiva di calcio, privilegia gli interpreti tecnicamente più dotati e anzi ne esalta le caratteristiche. Gattuso – vale qui la pena ricordarlo – gioca solitamente con un 4-2-3-1 che prevede, alle spalle di un centravanti puro come Osimhen, tre specialisti della tribù dei “piedi buoni”, quali Lozano – rivitalizzato da Gattuso -, Mertens – che in passato ha giocato come centravanti e/o seconda punta – e Insigne – finalmente partecipe con personalità al gioco di squadra. Quattro giocatori portati, per le loro caratteristiche, ad attaccare senza preoccuparsi della fase difensiva.
E questo sarebbe un allenatore difensivista? Non scherziamo. E questo sarebbe un allenatore sull’attenti nel solco della cara e vecchia tradizione del calcio all’italiana? Ma per favore. La verità è che il Gattuso calciatore non ha nulla a che fare con il Gattuso allenatore. Non gli somiglia, è un residuo di un passato che ha contribuito a formare il carattere dell’uomo, ma non certo la sua idea di calcio. Sottovalutare Gattuso è una pericolosa audacia. Scoprire in lui uno degli allenatori più coraggiosi del nostro campionato significa invece rendergli giustizia. Non facciamoci ingannare dal physique du rôle, ci sono allenatori bravi ad offrire il profilo giusto alle telecamere e inclini al bla-bla-bla; altri invece che maturano negli anni un percorso professionale serio e credibile e al contempo trasformano le loro squadre in piccoli-grandi meccanismi preziosi, che funzionano come orologi di lusso: di questa seconda categoria, Gattuso è uno degli esponenti più virtuosi e competenti.
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