«Poche ore dopo essere diventato orfano di madre, capii di essere diventato padre. Come dei veri figli, i miei diciassette ragazzi vennero ad abbracciarmi a uno a uno e, con un bacio rivolto verso il cielo, dedicarono tutti i gol di quell’allenamento a una nonna che non avevano mai nemmeno conosciuto».
Lettura consigliata degustando “Cicaleccio” (azienda agricola Cantina Giara)
Ti puoi avvicinare al calcio per dinastia patriarcale, perché il tuo compagno di banco in prima elementare ne sa già a pacchi di fuorigioco e guardalinee. Oppure semplicemente perché nel giardinetto del quartiere c’è la serranda di un negozio che fa al caso tuo.
Ma cosa succede se il calcio diventa una ragione di vita?
Su Sky esistono solo i canali dopo il 200. I vicini ascoltano ululati durante i derby di luna piena. Il venerdì sera preferisci restare a casa per vedere la Bundesliga. Per non parlare delle patologie più gravi: umore che cambia in funzione della classifica, preoccupazioni convulsive per la salute delle caviglie del nostro bomber del cuore, vacanze estive funzionali alle amichevoli pre-campionato.
Questo più o meno è quello che accade al protagonista de “Il ferroviere e il golden gol”, libro ripubblicato nel settembre 2019 da 66thand2nd, casa editrice che negli ultimi anni sta puntando tanto – e bene – sulla letteratura sportiva. Il romanzo è scritto dal tarantino Carlo D’Amicis, autore di programmi come Quante storie (Rai3) e Fahrenheit (Radio3). Le 160 pagine sono un vortice continuo di aneddoti, risultati e immagini. Un repertorio di proverbi e similitudini per veri calciofili in astinenza dal calcio anni Novanta.
Un ferroviere pugliese poco più che trentenne, ossessionato dal gioco del calcio, conduce un’esistenza rettilinea. Sempre sui binari della Ferrovia del Sud Est. Un viaggio da fermo, fatto di sali e scendi sui regionali della sua regione. Mai andato più in là di Canosa.
Tutto comincia alla giovane età di 16 anni, quando un pregiudicato con la sua Simca1000 si porta via suo padre ferroviere – compreso il semaforo e la sbarra del passaggio a livello. Orfano di caduto per servizio di pubblico impiego è assunto al suo posto. I sogni, l’avvenire e il destino sono timbrati con la spillatrice. Al fratello Leone – mobiliere -, a causa di un sinistro, sottrae l’uso delle gambe. Un pentimento costante il suo. Per l’incidente e per amare sua cognata Lisa.
Poi arriva la lettera della Direzione generale: “Puoi restare tranquillamente a casa”, che si traduce in cassa integrazione. Non ha il coraggio di parlarne con la mamma, mezza sorda e quasi cieca. Preferisce tacere, poiché tacendo alla madre riesce a tacere anche a sé stesso. Ogni mattina cappello d’ordinanza e divisa. Come se nulla fosse. Diventa allora il ragazzo delle televendite del mobilificio del fratello. Divertentissima la pagina in cui dice: «Mamma, quello che sta parlando sono io». Fa il conto delle cose che gli appartengono. Nulla. Gli resta solo il desiderio verso la cognata Lisa.
Squinzano, Ceglie Messapica, Castel del Monte, Canne, Copertino. La Puglia attraversata in lungo e in largo, in cerca di quella che è la sua passione: i talenti in erba sui campi da calcio di periferia.
Poi accade di incontrare L. M. mentre è rinchiuso nel gabinetto dell’Intercity 571 Taranto-Pescara cercando di evitare di incontrare il controllore. L’Unico Maestro, il Lepido Marpione del calcio-mercato, il Longanime Manager del calcio italiano.
Il sogno che diventa finalmente realtà. Perché vedere i sogni sparire non è niente, in confronto alla vergogna di averne ancora. Un fax con la richiesta di diventare un osservatore della FC Juventus! Alla base non c’è il desiderio di diventare un talent scout, ma semplicemente il sogno di riuscirci.
Come quello di tanti ragazzi e di tanti genitori che sognano di abbandonare la loro condizione attuale. Come papà Lapelosa e mamma Lapelosa (il figlio si chiama Leonardo). Quel contratto firmato sul tovagliolo sporco di sugo della domenica è intriso di speranza e gioia. Un’usanza quella dei tovaglioli molto in voga negli anni Novanta. Così infatti fecero Mantovani con il rinnovo ai gemelli del gol e Boniperti per l’acquisto di Platini. I tovaglioli diventeranno 17. Il diciottesimo è il più sofferto, quello che non vuole arrivare. Quello con la firma di Ivo De Florio, ragazzo difficile e poco disposto a farsi avvicinare, che preferisce tirare roba pakistana piuttosto che tirare calci al pallone.
I fax che arrivano sono parecchi. La Juventus chiede di comunicare la lista degli “osservati speciali”. Arriva un primo assegno. Poi un secondo. Lisa li incassa, perché nel frattempo nell’Espace di Leone i due cognati passano molto tempo. A capire perché Lisa non è soddisfatta. Tutto all’insaputa di Leone. Non deve sapere di loro due. Non deve sapere della Juventus, dei fax, delle liste. Tutto finisce nel tritacarte del mobilificio.
Tarocco Severino vola a Torino ed esordisce nella categoria juniores della Juventus. Ma negli annali non c’è scritto che è stato il ferroviere a consigliarne l’acquisto. Anzi, è proprio lui a suggerire alla Vecchia Signora di non comprarlo sul mercato. Come mai, Tarocco Severino a parte, della dozzina di giovani virgulti segnalati dal ferroviere, la società bianconera non ne ha convocato nemmeno uno per un provino?
Il telefono in Viale Crimea non risponde.
Arriva una lettera da L.M. È l’avvocato Pallottino a riportare le memorie: “Davanti a un gabinetto il ferroviere lo minacciò di multarlo pesantemente per il sigaro che teneva spento nel taschino, se non avesse consentito ad ascoltare i suoi deliranti panegirici intorno a presunte promesse del calcio giovanile”.
Accade l’irreparabile.
La Gazzetta dello sport scrive un pezzo sul ferroviere pugliese. Si è spacciato per mesi per quello che non era: osservatore giovanile della società più blasonata del calcio italiano. Il dottor Morini vuole sapere a che titolo si è permesso di usare il nome della Juventus. Un impostore che si spaccia per osservatore. La società declina ogni responsabilità in merito a eventuali impegni presi indebitamente a suo nome. Ugualmente farà I’AFA.
Dei fax e delle richieste della Juventus nessuna traccia. Strappati in piccoli pezzettini. Perché nessuno doveva sapere. Ma almeno gli assegni … come fa Lisa a non ricordare dove ha incassato gli assegni?
I genitori dei calciatori passano dalla prospettiva di cambiare il loro futuro, a quella di cambiare i connotati del ferroviere. Appaiono scritte in città – e ovviamente in stazione – contro di lui: l’accusa è quella di essere un pedofilo. Ma gli atleti stanno con lui (nel frattempo è diventato anche mister e accompagnatore).
De Muro, Ciullo, Calò, Cinieri, Giumentaro, Pecoraro, Diodicibus, Galluzzo I, Capozzillo, Galluzzo II, Battafore, Gruzzolino, Scialappa, Coccia, Tortorella, Cornucopia, La Pelosa, De Floro diventano clandestini nella loro terra. Il campo da allenamento è la sabbia di mare. I pali della porta sono i tralicci delle canne. I tiri dei ragazzi vanno a gonfiare le reti da pesca.
Ma purtroppo piove sul bagnato.
La mamma del ferroviere muore il giorno in cui viene a sapere della cassa integrazione del figlio.
Leone scopre che Lisa la tradisce. Ha le prove (delle fotografie).
Stop! Rischio spoiler!
Tutto comincia e finisce con un rigore di Alex Del Piero. Un pallone pieno di sogni. Volatile come fantasia. Gli occhi alzati al cielo. Nella speranza che il vento se lo porti via. La passione più forte di ogni previsione. Il desiderio che diventa realtà. La menzogna che diventa il miracolo di un istante.
Quando andiamo a Torino? Presto, presto.
IL FERROVIERE E IL GOLDEN GOL
di Carlo D’Amicis
66thand2nd– 160 pagine
Euro 15,00
La citazione da ricordare
«Un bravo allenatore non parla mai dei singoli di cui è soddisfatto. Se, alla fine di una partita, si fa scappare il nome di un giocatore e comincia a difenderlo pubblicamente, dissertando sull’importanza fondamentale che riveste nella sua squadra, state sicuri che quel disgraziato ha fatto pena e che l’unico scopo del suo allenatore sta nel tenere tutto per sé il piacere di massacrarlo».
Solo dopo aver letto il libro:
Il ferroviere è stato reintegrato e si vede prossimo alla pensione; Leone e Lisa si sono lasciati, e lei vive a Roma con un avvocato (non è Pallottino!); Ivo De Floro è morto a 23 anni di overdose.