La vela, si sa, è sport di nicchia e non per tutti i palati. Soltanto in poche occasioni è balzata agli onori delle cronache ad uso e consumo del grande pubblico italiano, che pure sembra essere ricompreso nei tristemente noti “santi, poeti e navigatori”. E’ senza dubbio il circuito della Coppa America quello che, nel tempo, ha fatto più parlare di sè. Discretamente, con le cronache sportive e giudiziarie dell’edizione 2013 di Napoli. Appassionatamente, con il varo di Azzurra, nel 1982, in vista della prima partecipazione tricolore. Clamorosamente, con il trionfo in Luis Vitton Cup del Moro di Venezia nel 1992. E, dulcis in fundo, sfacciatamente, con la sequela di partecipazioni di Luna Rossa a partire dal 2000, anno della seconda vittoria italiana in Luis Vitton.
Oggi, anche a causa del recente stravolgimento dei regolamenti delle regate, non abbiamo più forza economica per contrastare adeguatamente i grandi circoli e sindacati velici mondiali. Niente più levatacce mattutine per seguire ansiosamente equipaggi italiani impegnati in ventose acque dall’altra parte del mondo. Neanche un Cino Ricci, un Torben Grael o un Francesco De Angelis da imitare in televisione per gli showman più preparati del piccolo schermo. Soltanto qualche timido acuto della solita, dura a morire, Luna Rossa Challange. Tuttavia, c’è chi ancora tiene alta la bandiera tricolore sull’albero di maestra della vela internazionale. Si tratta di Carlo Borlenghi, massimo esponente mondiale della fotografia nautica.
Borlenghi, lariano (o laghée per i più temerari) del 1956, non è solo un fotografo sportivo, bensì un artista che cerca di tradurre in visioni i più sbalorditivi e sorprendenti momenti della vita di mare. La sua avventura pluriennale tra le onde prende paradossalmente le mosse dal lago di Como, ovvero dalle regate locali organizzate a “pochi passi” dalla sua natia Bellano. A partire dagli anni ’80, gli ingaggi internazionali più consistenti, poi impreziositi con le prestigiose avventure al seguito del Moro di Venezia, Luna Rossa e del team svizzero di Alinghi. Collaborazioni onorate con reportage eccezionali, via aerea e via mare. Istantanee straordinarie, capaci di isolare dettagli altamente spettacolari tramite angolazioni inconsuete e pericolose. Scatti finalizzati ad esaltare e tonificare passaggi in mare che, altrimenti, rimarrebbero trascurati. A Borlenghi, ad esempio, piace ricordare la volta in cui si appese ad una sbarra laterale fuori da un motoscafo, al fine di immortalare l’americano Ron Scarpa che sciava appoggiato sulle mani nude. Ma non solo: lo scafo di Alinghi appeso ad un elicottero che sorvola il Cervino, oppure Luna Rossa che incrocia l’Amerigo Vespucci al largo di Auckland. Tanti, tantissimi sono gli istanti incorniciati dall’obiettivo di Borlenghi sui mari di mezzo mondo. Più di un milione, a suo dire.
Venticinque di essi, selezionatissimi, saranno oggetto di una mostra espositiva affidata al Dream Factory di via Garibaldi a Milano fino al prossimo 29 marzo. Una serie di scatti dal grande formato, che va dal 40×70 al 180×270, presentati con il titolo di “Io sento”. Una galleria di immagini altamente suggestive, votate all’individuazione sensoriale e percettiva di quel connubio tra arte e sport leitmotiv di Overtime Festival. E che, pertanto, consigliamo appassionatamente.