Bruno Neri, giocatore combattente

Bruno Neri, giocatore combattente

BrunoNeriSe dovessimo manifestare un elemento distintivo che più si discosta dalla nostra abitudine di raccontare lo sport e di approcciarsi al pubblico, non avremmo dubbi nell’indicare la connotazione politica strumentale. Si potrebbe pensare il contrario certo, in prima, superficiale analisi, leggendo delle vicende di Bruno Neri. Ma non è così. Mantenendo ferma la volontà di apoliticizzare il blog, questo breve racconto della vita dell’atleta faentino vuole essere invece un semplice ricordo nella giornata del 25 aprile. La presentazione di un calciatore d’altri tempi, in cui le battaglie prioritarie non erano quelle riguardanti l’adeguamento del (già lauto) contratto. Certo, oggi non è facile vantare conoscenze equiparabili alle figure di Vittorio Pozzo e Ernő Erbstein o di Giovanni Gronchi e don Sturzo come il nostro, ma insomma, l’impegno extra-sportivo, di qualunque genere, ha sempre un valore aggiunto in termini di fascino.

Bruno Neri nasce come detto a Faenza nell’ottobre del 1910 e si contraddistingue sin dall’inizio per il carattere poliedrico. Di estrazione piccolo borghese, parallelamente alla passione e alla propensione per il calcio, coltiva velleità artistiche, dilettandosi nel campo della poesia e della pittura e frequentando circoli culturali. Nel corso degli anni, mantiene ferrea attenzione alla stabilità economica e lavorativa, indirizzando i guadagni del pallone verso l’attività imprenditoriale nel settore meccanico. Attività che, tuttavia, non avrà il tempo di condurre nel lungo periodo, causa il sopraggiungere della Seconda Guerra Mondiale.

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NERIBRUNO_nazionaleNel mezzo, l’avventura sportiva di Bruno. Un’avventura che prende le mosse nella squadra della sua città natale, Faenza, a partire dal 1926. Da lì a tre anni, il prestigioso approdo alla maglia viola della Fiorentina, con la quale ottiene il pass per il massimo campionato di calcio nazionale (promozione del 1931) e, quindi, l’accesso ai palcoscenici più importanti della serie A, torneo a girone unico come oggi lo conosciamo da appena due anni. In riva all’Arno, oltre ai prestigiosi numeri sportivi (187 presenze dal ‘29 al ‘36), Bruno Neri porta l’indomito carattere del combattente, con i primi segnali di disapprovazione verso il regime fascista. Nel corso dell’inaugurazione dello stadio comunale di Firenze Giovanni Berta (ancora oggi utilizzato e conosciuto con il nome di Artemio Franchi), si rifiutò di salutare “romanamente” e, quindi, di rendere omaggio alle autorità presenti secondo le consuetudini del ventennio.

La personalità fumantina e il carattere levantino gli furono propedeutici ad una appagante carriera sportiva, che lo vide in seguito impegnato anche con le casacche di Lucchese e Torino, nonché con la maglia della nazionale, nella quale collezionò tre presenze nel corso della stagione sportiva 1936-1937.

Tuttavia, le doti agonistiche e la tenacia non servirono a Bruno soltanto nella posizione mediana dei campi di calcio. La stessa aggressività e il medesimo strenue impegno profusi in campo sportivo, furono ripetuti anche sul terreno di battaglia. Bruno Neri, avvicinatosi all’antifascismo grazie al fratello Virgilio, ebbe l’ardire di confrontarsi nella guerra civile nazionale tra le fila della Resistenza partigiana. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, con il quale il Regno d’Italia, nella persona del maresciallo Pietro Badoglio, proclamava la cessazione delle operazioni di guerra nei confronti delle forze Alleate, il faentino assunse lo pseudonimo di “Berni”, divenendo vicecomandante del Battaglione Ravenna. Impegnato a ridosso della Linea Gotica (la linea difensiva istituita nel 1944 nel tentativo di rallentare l’avanzata dell’esercito alleato verso il nord Italia; si estendeva dalla provincia di Apuania, le attuali Massa e Carrara, fino alla costa adriatica di Pesaro), si occupava di una zona franca e mediana, fondamentale tanto quanto quella che ricopriva sui campi sportivi di tutta Italia, tra la 36a Brigata Bianconcini e la banda capeggiata dall’altro partigiano faentino Sirio Corbari.

Eremo-bruno-neri

Il combattente Bruno Neri smise di combattere il 10 luglio 1944 sull’eremo di Gamogna nell’Appennino tosco-romagnolo, per mano della “rabbia nazista”, come si legge sulla lapide commemorativa del luogo, mentre perlustrava la zona in compagnia del suo comandante Vittorio Bellenghi (in battaglia “Nico”). Prima di allora, riuscì comunque a calcare nuovamente i campi di gioco, prendendo parte con il “suo” Faenza al Campionato Alta Italia 1944, l’unico torneo organizzato su base regionale dopo l’introduzione del girone unico del ‘29. Torneo vinto con un triangolare finale dal G.S. 42º Corpo dei Vigili del Fuoco di La Spezia, riconosciuto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio solo nel 2002 ed assegnato alla Società A.C. Spezia. Ma questa è un’altra storia.

“Qui ebbe i natali BRUNO NERI
comandante partigiano
caduto in combattimento
a Gamogna il 10 luglio 1944
dopo aver primeggiato come atleta
nelle sportive competizioni
rivelò nell’azione clandestina prima
nella guerra guerreggiata poi
magnifiche virtù di combattente e di guida
esempio e monito alle generazioni future“

(Iscrizione sulla lapide posta presso la casa faentina di Bruno Neri)

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