Il trekking della rinascita: il Cammino delle Terre Mutate

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14 tappe, 257 km, da Fabriano a L’Aquila. Un cammino attraverso terre segnate, sfregiate, ferite, “terre-motate”, ma anche terre “mutate” dai sismi che si sono succeduti in questi anni nel Centro Italia, lungo gli Appennini. Eccolo allora, il Cammino delle Terre Mutate, un trekking attraverso la Natura, il dolore, la speranza, la disillusione, l’orgoglio, il coraggio.

Se sport è ciò che per gli antichi avveniva “ex portas”, cioè fuori dalle mura della città, e se sport è cultura, allora questo cammino è sport alla massima potenza: perché non c’è confronto più diretto e agonistico che quello con la Natura stessa, e non c’è fatica più immane e probante che immaginarsi di poter essere ancora qualcosa, qualcuno, di nuovo e di altro, dopo che la terra t’ha sbriciolato la casa e inghiottito un figlio, una madre, un amico.

E come impresa sportiva che si rispetti, poi, anche questo Cammino nasce da un miscuglio di amore e rabbia: era il 2012 quando in 40 partirono da Piazza del Popolo a Roma per raggiungere L’Aquila a piedi. Sentivano forte, quelle donne e quegli uomini, l’urgenza di testimoniare solidarietà alla comunità aquilana sconvolta dal sisma dell’aprile 2009 e al tempo stesso, con quell’incedere calmo e consapevole, manifestare tutta la rabbia nei confronti delle macerie che ancora invadevano le strade, di una ricostruzione che ancora a lungo, e fino ad oggi, sarebbe stata slogan retorico più che effettiva rifondazione di palazzi e comunità.

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ohga.it

«Durò cinque anni, l’esperienza di quella che chiamammo La Lunga Marcia per L’Aquila – racconta oggi Enrico Sgarella, tra i promotori sia di quell’iniziativa, che del Cammino delle Terre Mutate -; ma quando stavamo per decidere di appendere gli zaini al chiodo, arrivarono gli altri terremoti, a devastare le Marche, ancora l’Abruzzo, e l’Umbria: era già tempo, insomma di rimettersi in cammino…».

E così fecero, Enrico e i suoi compagni di viaggio: passo dopo passo, a macinare chilometri per creare conoscenza, consapevolezza, ricucire insieme pezzi di territori stravolti da fratture ben più profonde di qualsiasi faglia. Ussita, Accumoli, Castelsantangelo sul Nera, e decine e decine di altri borghi entrati nella geografia d’Italia spinti dal devastante tremolio del sisma, e divenuti noti agli italiani quando le loro case, le loro chiese, erano già polvere e macerie.

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Una delegazione di Overtime Festival visita Castelsantangelo sul Nera nel 2017 in compagnia del sindaco Mauro Falcucci.

Il Cammino invece è immersione, viaggio attraverso l’infinita bellezza che queste terre sanno – ancora – restituire, insieme alle storie di chi non molla, e resta aggrappato alla propria storia e alla propria terra, che pure l’ha tradito con quel sussultare infame e assassino.

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Un tratto del percorso che da Ussita si snoda verso Norcia. (camminoterremutate.org)

Eccole allora, le mille storie che ti vengono incontro lungo il sentiero, passo dopo passo: «Raccontare e ascoltare: sono i due gesti fondanti di una qualsiasi comunità umana; e riuscire a farlo nella perfetta condivisione del cammino, fianco a fianco, con la stessa fatica nelle gambe, è una sorta di diritto/dovere di cui ci dobbiamo riappropriare, e che non possiamo negare ai nostri simili», sottolinea Andrea Mattei, giornalista de La Gazzetta dello Sport e responsabile della sezione running di Gazzetta.it, acuto narratore-viandante che il Cammino delle Terre Mutate lo ha compiuto insieme a Enrico Sgarella un paio d’anni fa.

«Nel monastero benedettino di San Luca – sottolinea Mattei – c’è un affresco raffigurante Maria, il bambinello e gli angeli. “Vedi – ti dice Erica, monaca di clausura -, hanno tutti un grande orecchio. Per questo noi sorelle la chiamiamo la Madonna dell’ascolto”; il viaggio parte da qui, Fabriano, il punto più a nord del cratere dei sismi e da questo convento dell’ordine del santo di Norcia che dell’ascolto e dell’accoglienza fece la sua Regola». Altri chilometri a piedi, altri incontri, altre storie che si raccontano, e che è bene ascoltare: «Stefano era il fornaio di Arquata, l’unico sveglio quella notte del 24 agosto 2016 quando la terra si scuote come mai prima. Con le mani bianche di farina esce dalla bottega e vede una nuvola levarsi dal cuore del borgo, le case del centro crollate in mezzo alla piazza. Gente in mutande si precipita in strada, ma suo figlio non c’è. Comparirà alla fine di tutto, perfettamente vestito: “Non se la sentiva di uscire in pigiama, quel pazzo!”».

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Il lago di Fiastra, una delle tappe principali del Cammino delle Terre Mutate. (camminoterremutate.org)

E ancora, descrive Mattei: «Di Accumoli resta solo un agriturismo, qualche centinaio di metri sopra il paese, costruito su un dosso che ha resistito alle scosse. Ci abita Katia con la sua incredibile famiglia; il marito Guido ha la simpatia contagiosa e l’energia per condurre un’azienda complessa, l’orto, la macelleria, le stalle, decine di animali. Vivono con i 4 figli in un mondo a parte, Katia va in direzione ostinata e contraria a tutte le convenzioni, ha scelto l’homeschooling per i figli e ognuno ha il suo ruolo: la piccola s’occupa delle galline, il ragazzo dei maiali, nessuno s’annoia. Barbara, 16 anni, la più grande, ha un sogno, “vivere nel bosco, senza casa e senza niente. Giuro che se trovo il ragazzo giusto che la pensa come me mollo tutto e vado…”».

Anche questo resistere, ascoltarsi, sfidarsi, ricominciare, ripartire. Una partita che ricomincia ogni giorno, un eterno pareggio che è la vera vittoria di chi alla sera può guardare il proprio riflesso in uno specchio, consapevole di aver fatto il meglio e di tutto per sé, per i propri cari, per i propri simili, per la propria terra. Un passo dopo l’altro, in silenzio, raccontando e ascoltando.

 

Foto copertina – zingarate.com

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