Quando si pronuncia la parola Seles, in ambito sportivo, l’associazione mentale immediata è con la tennista jugoslava-statunitense Monica, atleta di primissimo livello degli anni ’90, la maggior parte dei quali passati a dividersi i primati con l’altra, immensa giocatrice teutonica Steffi Graff. Monica non se la prenderà di certo se, attraverso l’aggressione subìta nel 1993 ad Amburgo, approfittiamo per approfondire il nostro, tanto caro tema dell’etica sportiva. In quell’occasione, l’attacco a bordo campo da parte di un mitomane sostenitore della Graff armato di coltello ci ha ricordato quanto fragile possa essere, a volte, il confine tra sana competizione e corrotta sopraffazione. Siamo certi che, tra le linee guida didattiche di ”SELES – Scuola Etica e Libera di Educazione allo Sport”, ci siano anche queste fondanti tematiche.
Seles è un’idea partorita a Gioiosa Jonica nella Locride, dal connubio tra le associazioni di don Milani e Libera del territorio calabrese. Un progetto ambizioso, che mette in correlazione sport ed educazione, a vantaggio di circa 160 ragazzi. Un viaggio che parte dai terreni oggetto di speculazioni edilizie e confiscati alla ‘ndrangheta, sui quali si allenano le selezioni calcistiche Seles del futsal, dei Piccoli Amici e degli Esordienti. Un cammino che fa tappa sui banchi di scuola, dato che già a partire dall’età dei 4 anni, ai ragazzi tesserati viene proposta una formazione d’aula post campo da gioco imperniata su valori quali il rispetto della comunità e del gruppo, l’accettazione della sconfitta, il fair play nella competizione e l’assoluto rifiuto di ogni tipo di violenza. Un percorso, quello di Seles, in continuo divenire, che si muove gioco-forza nella direzione della promozione della propria missione e del proselitismo. Alla luce della necessaria sensibilizzazione pubblica e della fisiologica informazione per la condivisione di tematiche assai delicate quali l’opposizione alle mafie, Seles scende in campo con i nomi delle vittime mafiose stampati sulle divise da gioco. Iniziativa che, nel tempo, ha fatto anche discutere e storcere il naso all’avversario di turno. Diciamolo pure, bandendo facili illusioni.
La Scuola Etica e Libera di Educazione allo Sport si prefigge un obiettivo che definire complesso è riduttivo: insegnare non solo cosa venga identificato con il termine “mafia”, ma quali siano gli strumenti più efficaci per contrastare il fenomeno. Due, secondo la nostra opinione, gli ostacoli maggiori. Da una parte, un territorio interessato da molteplici criticità economico-sociali, non ultima quella dell’ incontrollato e invasivo flusso migratorio. Dall’altra, il “muro di gomma” con il quale ci si ritrova a confrontarsi quando si cerca di sfibrare dinamiche devianti consolidate e sedimentate nel tempo e nelle comunità. Le intimidazioni, le minacce e gli atti vandalici già subìti da Seles nelle proprie strutture sono lì a testimoniarlo. A maggior ragione, tuttavia, crediamo che l’idea della Scuola di ricominciare dalla cultura, attraverso l’educazione di ragazzi e bambini in tenera età, sia la carta vincente. Così come siamo assolutamente fermi nel ribadire come lo sport sia la chiave di volta, o l’asso nella manica per rimanere ancorati al concetto precedente, per la restituzione e la qualificazione di rapporti interpersonali maggiormente votati alla trasparenza, all’onestà e alla solidarietà. Pindaro, Overtime Festival e Storie all’Overtime hanno da sempre come nucleo delle proprie attività il sostentamento questo tipo di progetti. Non smetteremo mai di fornire il nostro contributo. Amplificando la voce di chi ha qualcosa di etico e sportivo da dire.