Giornata dell’autismo, la consapevolezza dello sport

2 aprile, Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo. Un momento importante per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo terribile disturbo neuro-psichiatrico. Una malattia che colpisce l’organizzazione cerebrale, dalle cause ancora non totalmente definite. Una patologia che non conosce cura, ma solo trattamenti medici tesi al miglioramento progressivo delle funzionalità. Di qui, l’interesse mondiale (è fresca la collaborazione per una partnership internazionale tra gli statunitensi di Brain Initative e gli europei Human Brain Project) nella ricerca di progetti condivisi per la comprensione dell’evoluzione e del funzionamento dell’organo più complesso umano: il cervello.

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LightItUpBlue-logoNel quadro generale di questa attenzione internazionale, si inseriscono la Giornata, istituita sette anni fa dalle Nazioni unite, e la campagna “Light it up blue” dell’organizzazione Autism Speaks, grazie alla quale possiamo vedere, nella giornata del 2 aprile, tutti i principali monumenti sparsi per il globo illuminati di blu. Iniziative volte ad innestare veicoli mediatici e riflettori su una patologia che colpisce generalmente 1 bambino su 80. Solo in Italia, le persone affette da questo disturbo sono ben 55 mila.

Nello spazio di Storie all’Overtime, desideriamo tuttavia prendere parte alla Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo con una storia che arriva non dall’Italia ma dalla Svezia. Dopo il recente, simpatico siparietto della Selecao nel post partita in Sudafrica, con i giocatori carioca impegnati a fotografarsi con un bambino locale invasore di campo, un’altra bella vicenda del calcio sarebbe da raccontare. Arriva anche in questo caso dalle qualificazioni per i prossimi Mondiali di calcio in Brasile. E’ una fredda serata dell’ottobre scorso, nella Friends Arena di Solna. Le nazionali di Svezia e Germania stanno per affrontarsi in una sfida delicata e importante. Nella contea di Stoccolma quella sera, a riscaldare tutto lo stadio è però l’ingresso in campo dei 22 atleti, accompagnati da altrettanti ragazzini affetti dalla sindrome di Williams, una patologia che devìa le normali funzioni alla base dello sviluppo tramite comportamenti autistici. In particolare, l’immagine del giocatore Kim Kallstrom che abbraccia e interagisce con la “propria” mascotte Max colpisce gli spettatori e fa il giro del mondo tramite internet nei giorni successivi. Un episodio apparentemente insignificante. Nelle parole del papà di Max (a ringraziamento di Kallstrom per il gesto), c’è invece tutta la sua rilevanza: “Grazie al tuo comportamento mio figlio è riuscito a provare le stesse emozioni degli altri: l’orgoglio e la sensazione di essere speciale. Ti sto scrivendo perché non sono del tutto sicuro che tu abbia capito quello che hai fatto per noi. Max è riuscito a fare qualcosa di speciale: mantenere la concentrazione per 15 minuti senza alcun accenno di nervosismo”. Interessa forse a qualche lettore il risultato della partita?

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