“Siamo fatti di macerie e di fango. La nostra storia è stata scritta su fogli di carta che presto sono stati distrutti. Ma un giorno un Dio creò le figurine e l’album per raccoglierle. E creò la memoria”.
Ecco come comincia lo spettacolo “Eravamo quasi in cielo” scritto da Gianfelice Facchetti e Marco Ciriello, con la collaborazione di Piero Lorenzelli e Armando Napoletano.
Sul palco il primo ad apparire è proprio il figlio di Giacinto Facchetti, biondo, biondissimo. Nato nel 1974, è attore, drammaturgo e regista teatrale. Ha collaborato con il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport. Ha lavorato con La Domenica Sportiva e tiene una rubrica settimanale nella trasmissione di Rai Tre Buongiorno regione. Vincitore del Premio Bancarella Sport nel 2011 con “Se no che gente saremmo” (Longanesi), dedicato al padre, storica bandiera dell’Inter e capitano della Nazionale italiana.
Una porta di spogliatoio, una panchina e alcune sagome cartonate che richiamano al calcio di un tempo, romantico, fatto di passione e sudore. “Eravamo quasi in cielo” è una trascrizione teatrale di una storia poco nota, finita nel dimenticatoio per anni, decenni. Una storia che doveva trovare una sua memoria e che l’ha ritrovata in questo spettacolo.
Una pièce teatrale super riuscita, delicata e commovente che gira nei teatri di tutta Italia già da qualche anno. Fedeli compagni di viaggio di Gianfelice Facchetti, l’Ottavo Richter Trio composto da Raffaele Kohler, Luciano Macchia e Domenico Mamone. Le scenografie e i costumi (azzeccatissimi) sono di Vittoria Papaleo.
Siamo nel 1943-44. A far da sfondo sono bombe e bombardamenti, la grande guerra che tutto distrugge e sgretola. Tra queste anche la città di La Spezia, tra le città più colpite d’Italia. Una squadra nata quasi per caso che riesce a raggiungere un risultato inaspettato. Epico!
“Il pubblico da un lato reagisce con sorpresa e stupore alla storia narrata, perché in realtà, pochi la conoscono; quando poi realizzano che è tutto vero ed è accaduto realmente, c’è una sorta di empatia con quella squadra, quella città e quel vissuto: un senso di rivalsa per un’ingiustizia di una vittoria che non ha mai trovato una collocazione fino in fondo nel calcio italiano” afferma Gianfelice Facchetti.
I protagonisti sono i Vigili del Fuoco Spezia, Bani, Borrini, Amenta, Gramaglia, Persia, Scarpato, Tommaseo, Rostagno, Costa, Tori e Angelini, guidati da Ottavio Barbieri. Proprio Barbieri che aveva già conosciuto la prima guerra mondiale e che esordì come giocatore nel 1919, nei giorni del rientro dei militari dal fronte.
Una delle pagine più romantiche del calcio italiano, al tempo della fame e della guerra. Una partita incredibile che non trova spazio nell’albo d’oro del campionato italiano. 11 ragazzi, vigili del fuoco del 42° Corpo VVFF La Spezia. Percorrono l’Italia – a dire il vero il nord Italia – in un contesto ai limiti dell’impossibile, a bordo di una vecchia autobotte modificata, arrivando a confrontarsi con il fortissimo Torino. I colpi di Angelini fanno cadere lo squadrone di Vittorio Pozzo. La Spezia si aggiudica il campionato misto organizzato dalla Federcalcio per assegnare il titolo di campione d’Italia.
Quel 16 luglio del 1944 rimarrà scritto nella storia e nel cuore di quanti hanno conosciuto questa storia, divenuta un vero e proprio manifesto di resilienza e di etica sportiva. Lo sport per provare a respirare almeno un poco di “normalità”, dimenticando le divisioni, i rastrellamenti, il dolore e la morte.
Mentre dal cielo piovevano bombe, sfiorarono la gloria con le dita.
Foto copertina – Vittorio Pozzo sulle figurine regalate agli spettatori di “Eravamo quasi in cielo”. (Pindaro Eventi)