Quando l’Italia scoprì la Serie A a colori

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E poi ad un certo punto abbiano cominciato a vedere il calcio a colori. Quello stesso mondo impolverato che fino ad un attimo prima declinava funereo nel bianco e nero degli anni ‘70 – non a caso anni di piombo e cieli plumbei e asfalto grigio – si è colorato all’improvviso e tutto è cambiato. Una domenica di febbraio, una partita di Serie A, un nuovo sguardo sul calcio. È il 1977 e niente sarà più come prima.

Breve riassunto per chi era troppo giovane, per chi era distratto, per chi non c’era, o per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera. Negli anni ’70 – all’interno di “Domenica in”, programma cult della Rete Uno – andava in onda la sintesi di una partita del campionato di Serie A, e dovete immaginare l’enfasi con cui veniva annunciato dalla signorina Buonasera di turno. In quel 1977 è Corrado a condurre “Domenica in”. Corrado è un signore elegante e pettinato benissimo, con un’ironia forse pure troppo moderna per quei tempi. Con Corrado ci sono anche Dora Moroni – cantante e valletta parlante – e il mago Alexander. Quella è la prima edizione, partita solo pochi mesi prima, nell’ottobre del 1976. Seduti sul divano ci sono 18 dicesi 18 milioni di italiani. Sono numeri da urlo. Praticamente un italiano su quattro, esclusi militari e infanti.

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Corrado, Dora Moroni e Paolo Valenti. (iodonna.it)

La Rai ha cominciato la programmazione a colori qualche giorno prima, martedì 1 febbraio, ma ha solo 42 ore a disposizione alla settimana, per cui bisogna scegliere bene dove/come/cosa mandare in onda a colori. Il calcio si prende un posto in prima fila. Che partita verrà scelta? Nessuno lo sa, in realtà. O meglio: i telespettatori non lo sanno. Accendono la tivù – il telecomando manco si usa, verrà dato in dotazione con l’acquisto del televisore solo quell’anno – e quel che c’è guardano, tra l’altro con grande godimento. C’è grande attesa. Le cronache dei quotidiani riportano danno notizia dell’evento e si avvisano i telespettatori che «potranno godere delle varie gamme cromatiche». Il Corriere della Sera scrive che «ugualmente soddisfatti saranno i bambini che alle 12.30 potranno seguire nella nuova veste le vicende di “Viki il vichingo” e di “Mariolino e i grattacieli”».

Eppure: la Rai – da un punto di vista strettamente tecnologico – sarebbe stata pronta per trasmettere a colori già dalla nascita del secondo canale (4 novembre 1961). Ma poi arriviamo tardi, quando già il resto d’Europa è “colorato”. È già da qualche anno che si fanno esperimenti “a colori” sullo sport. Alle Olimpiadi di Monaco 1972 il volto di Rosanna Vaudetti – che conduce la prova tecnica dei Giochi – diventa il primo volto trasmesso in Italia a colori. Tre mesi prima si è fatto un tentativo durante un’amichevole tra Italia e Inghilterra, nel luglio del 1976 ci sono state le Olimpiadi di Montreal e qua e là qualche gara si è vista a colori. In quei primi giorni di febbraio l’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni Vittorino Colombo comunicò al termine delle edizioni serali del Tg1 e del Tg2 che il 1977 avrebbe decretato la nascita ufficiale della televisione a colori. Finalmente eravamo in pari con il resto d’Europa. Avevamo svecchiato la tivù, ci sentivamo moderni e con un appeal nuovo.

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Rosanna Vaudetti, per l’occasione a colori, annuncia la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Monaco 1972. (raiplay.it)

Quella domenica 6 febbraio 1977 la 15ª giornata del campionato propone un bel po’ di partite interessanti. Ricordiamo: la Serie A è a sedici squadre, otto sono le partite del mazzo. Solitamente i funzionari Rai scelgono le partite di cartello, con impegnate le grandi, Juventus, Inter, Milan, qualche volta il Napoli, meno la Roma e la Lazio. Nel pacchetto delle grandi in quegli anni c’è anche il Torino campione d’Italia. Che scegliamo? Perugia-Inter 0-1? No. Juventus-Sampdoria 3-0? Nemmeno. E inaugurare i colori con uno 0-0 – quello di Milan-Cesena – non sembra il massimo. In realtà il ballottaggio è tra Fiorentina-Napoli 2-1 e Genoa-Torino 1-1, la più probabile come filtra nelle ore della vigilia. Nella scelta conta anche tutto l’apparato organizzativo: non bisogna correre il rischio di inciampare proprio al debutto. Lo spiega anche il responsabile dello sport per il Tg2, Maurizio Barendson, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: «Il Genoa è la squadra con la maglia più adatta per una trasmissione a colori, con quei grossi rettangoli rossi e blu renderà molto bene sul terreno verde del campo». Per la cronaca: Genoa-Torino è una partita combattuta, Grifone in vantaggio con Arcoleo, per il Toro pareggia Pulici.

La maglia rossoblù del Genoa di quegli anni, perfetta per andare in onda a colori. Ad indossarla è Roberto Pruzzo, che durante un Genoa-Vicenza del 1977 abbraccia un altro indimenticabile bomber del nostro campionato, Paolo Rossi. (olympia_vintage on Twitter)

Il telecronista designato è Nando Martellini, ma il giorno prima ha un problema, non va a Genova e allora tocca a Giorgio Martino: è sua la voce che accompagna gli italiani dentro una nuova era, un Paese delle Meraviglie – quello del calcio televisivo – che come per magia si colora per sempre.

 

Foto copertina – Paolo Pulici segna il gol del momentaneo 2-0 nel Torino-Genoa, rigorosamente a colori, del girone di ritorno 1977. (pinterest.it)

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